L'orgoglio si puo' anche mettere da parte, ma la dignita' non si perde per niente e per nessuno . . .
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mercoledì 28 marzo 2012
lunedì 12 marzo 2012
Il mistero della sofferenza
Il mistero della sofferenza
Mi ricordo la predica di qualche anno fa di un sacerdote che
in un passaggio a mio parere “allucinante” più o meno disse così: “Non voglio
morire senza sofferenza, perché la sofferenza mi unisce di più a Gesù Cristo in
croce… Solo soffrendo si è veri cristiani”.
Per quel che ne so, questo sacerdote è ancora in vita, è ancora più anziano, ha superato la novantina e non ho notizie che stia particolarmente male, anzi gode di discreta salute, vista l’età… Mi spiace per lui che non possa soffrire come vorrebbe!
Mi ricordo che quando sentii quelle parole mi venne un moto
di rabbia interiore. Sentivo una totale mancanza di rispetto nei confronti di
chi, in quel momento nell’assemblea, stava ascoltando e magari stava anche
vivendo con difficoltà un momento di sofferenza personale. Il messaggio che
arrivava con quelle parole era più o meno questo: “se rifiuti la sofferenza che
stai vivendo o che ti sta accanto e cerchi di superarla, ti allontani da Dio”.Per quel che ne so, questo sacerdote è ancora in vita, è ancora più anziano, ha superato la novantina e non ho notizie che stia particolarmente male, anzi gode di discreta salute, vista l’età… Mi spiace per lui che non possa soffrire come vorrebbe!
Coloro che in quel momento soffrivano per una malattia
personale o stavano soffrendo per una persona cara malata, sono certo che si
sono sentiti “violentati” spiritualmente da una tale visione della sofferenza
che, a mio parere, è molto ingiusta è anti-evangelica, non è nella logica e nel
volere di Dio.
Gesù “Dio con noi” ha combattuto la sofferenza, in tutte le
forme con le quali si presentava ai suoi tempi: la malattia, le malformazioni,
la sofferenza spirituale, l’emarginazione, il pregiudizio, l’ignoranza, la
solitudine, la miseria….…
La croce non è stata, da parte di Gesù, la scelta dell’eroe
che vuol far vedere la sua bravura nel resistere, ma è stata l’accettazione, la
sola risposta d’amore verso coloro “che non sanno quello che fanno”, la scelta
di un saper amare fino alla fine, fino alle estreme conseguenze, oltre ogni
umana comprensione, perché da quella
sofferenza scaturisse la vita per tutti,
per tutti quelli che anche dopo di lui, oltre il suo tempo, ancor oggi, sanno
vedere e superare i limiti del
finito, del conformismo di comodo,
rispondendo alla cecità dell’ignoranza, dell’odio con l’apparente illogicità
della forza dell’amore.
E’ questo ciò che mi insegna la fede.
Non guardo alla croce come un esempio di “durezza” e di
“bravura”, non come merito, non come atto fine a se stesso, non la vedo
come passaggio obbligato, dovuto e
inevitabile; la sofferenza di Gesù è un libero atto d’amore, è e resta un
mistero che esalta l’amore e non il soffrire, è e resta amore nell’espressione più pura, è la
capacità di chi sa volontariamente e consapevolmente donarsi per scelta
d’amore, qualunque prezzo gli sia
chiesto, da chiunque gli sia imposto.
La Chiesa ogni anno celebra la giornata per la vita con
l’ invito a credere nella vita anche quando questa appare compromessa dai
limiti della malattia, dalla sofferenza di chi si sente solo e impotente. La
fede in Cristo “crocifisso-risorto”, ci porta a non gettare la spugna quando la
fatica di vivere si fa sentire. Gesù che è capace di salire sulla croce e di
rimanerci fino a morte pur avendo la possibilità di scendere, mi fa capire che
posso anch’io farmi forza nella mia sofferenza e devo stare accanto a chi
soffre condividendone le fatiche,
scoprendo il valore della vita anche quando minato dal dolore senza farmi
dominare da esso.
“Se è il figlio di
Dio che scenda dalla croce e gli crederemo” ma come potrebbero credere in Lui
chi sulla croce ci deve stare suo malgrado, senza averlo scelto, senza avere la
possibilità di scendere.
Recentemente sono stato ad un funerale di una donna ancora
giovane, deceduta per una malattia che ha combattuto tenacemente per diversi
anni. E’ stato un lungo cammino nel patire quotidiano, una battaglia che alla
fine sembra aver portato solo alla sconfitta. La sofferenza è stata tanta e
continua, sicuramente anche nella sua famiglia che ora la piange. Mi hanno però
colpito le numerose testimonianze che raccontano di una fede e di un amore per
la vita davvero uniche in quella donna; la vita, la fede, l’amore nella sua
famiglia non sono state sconfitte dalla malattia, ma sono state al contrario
rafforzate.
Purtroppo non sempre accade questo, e conosco diverse
situazioni nelle quali la sofferenza porta solo verso la totale e inguaribile
tristezza, sfociando nel quasi scontato
abbandono della fede. Questo non può esser imputato come una colpa a chi è in
queste situazioni.
Al contrario diventa un ulteriore invito a far si che
nessuno sia mai lasciato solo, perché, come cristiani abbiamo il compito di
stare uno accanto all’altro, senza giudicare, ma solamente amando e sostenendo,
perché nessuno debba restare sulla sua croce solo, senza che qualcun’altro
condivida con lui il suo patire.
La forza della vita illumina ogni situazione di sofferenza
solo se c’è qualcuno sempre disponibile a fare come Gesù, il quale non ha avuto
timore di affrontare demoni, non ha temuto nemmeno di scontrarsi con i giudizi
della gente e non ha nemmeno avuto paura di salire sulla croce, non ha avuto
paura dei giudizi di chi giudicava una sconfitta il suo calvario. non ha avuto paura di chi non
vedeva nella speranza la realtà della certezza.
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