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domenica 12 giugno 2011

Ave Maria

E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.


Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.


Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.


Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.

Preghiera di gennaio

Lascia che sia fiorito 
Signore, il suo sentiero 
quando a te la sua anima 
e al mondo la sua pelle 
dovrà riconsegnare 
quando verrà al tuo cielo 
là dove in pieno giorno 
risplendono le stelle. 
Quando attraverserà 
l'ultimo vecchio ponte 
ai suicidi dirà 
baciandoli alla fronte 
venite in Paradiso 
là dove vado anch'io 
perché non c'è l'inferno 
nel mondo del buon Dio. 
Fate che giunga a Voi 
con le sue ossa stanche 
seguito da migliaia 
di quelle facce bianche 
fate che a voi ritorni 
fra i morti per oltraggio 
che al cielo ed alla terra 
mostrarono il coraggio. 
Signori benpensanti 
spero non vi dispiaccia 
se in cielo, in mezzo ai Santi 
Dio, fra le sue braccia 
soffocherà il singhiozzo 
di quelle labbra smorte 
che all'odio e all'ignoranza 
preferirono la morte. 
Dio di misericordia 
il tuo bel Paradiso 
lo hai fatto soprattutto 
per chi non ha sorriso 
per quelli che han vissuto 
con la coscienza pura 
l'inferno esiste solo 
per chi ne ha paura. 
Meglio di lui nessuno 
mai ti potrà indicare 
gli errori di noi tutti 
che puoi e vuoi salvare. 
Ascolta la sua voce 
che ormai canta nel vento 
Dio di misericordia 
vedrai, sarai contento. 
Dio di misericordia 
vedrai, sarai contento. 


Recitativo

Uomini senza fallo, semidei 
che vivete in castelli inargentati
 
che di gloria toccaste gli apogei
 
noi che invochiam pietà siamo i drogati.
 

Dell'inumano varcando il confine
 
conoscemmo anzitempo la carogna
 
che ad ogni ambito sogno mette fine:
 
che la pietà non vi sia di vergogna.
 

Banchieri, pizzicagnoli, notai,
 
coi ventri obesi e le mani sudate
 
coi cuori a forma di salvadanai
 
noi che invochiam pietà fummo traviate.
 

Navigammo su fragili vascelli
 
per affrontar del mondo la burrasca
 
ed avevamo gli occhi troppo belli:
 
che la pietà non vi rimanga in tasca.
 

Giudici eletti, uomini di legge
 
noi che danziam nei vostri sogni ancora
 
siamo l'umano desolato gregge
 
di chi morì con il nodo alla gola.
 

Quanti innocenti all'orrenda agonia
 
votaste decidendone la sorte
 
e quanto giusta pensate che sia
 
una sentenza che decreta morte?
 

Uomini cui pietà non convien sempre
 
male accettando il destino comune,
 
andate, nelle sere di novembre,
 
a spiar delle stelle al fioco lume,
 
la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,
 
muover le tombe e metterle vicine
 
come fossero tessere giganti
 
di un domino che non avrà mai fine.
 

Uomini, poiché all'ultimo minuto
 
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
 
per non aver pietà giammai avuto
 
e non diventi rantolo il respiro:
 
sappiate che la morte vi sorveglia
 
gioir nei prati o fra i muri di calce,
 
come crescere il gran guarda il villano
 
finché non sia maturo per la falce.

 

domenica 5 giugno 2011

Ripensando……


Ripensando……

     Venerdì 27 maggio la nostra comunità ha festeggiato l’anniversario dei 50 anni di ordinazione sacerdotale del nostro parroco. A mio modesto giudizio era tutto perfetto e sento di dover dire un grazie particolare a Giovanna, Miro, Alessandra e quanti con loro, hanno collaborato perché la festa assumesse la gioia di un evento vissuto in famiglia. Una liturgia che ha comunicato nei gesti, nei segni e nelle parole, tutto il grazie che la comunità parrocchiale ha voluto esprimere a chi ha saputo, attraverso il proprio ministero, guidarla, formarla condividendo con essa il proprio cammino di fede.   

     Il giorno successivo ho sentito il bisogno di tornare a San Rocco ed a chiesa vuota, sono rimasto seduto lasciando scorrere i ricordi.
Mi è venuto subito alla mente un evento che per la nostra parrocchia ha avuto una notevole rilevanza; mi riferisco all’incendio che ha segnato gravemente la chiesa di San Rocco. Ricordo l’apprensione per la struttura in cemento armato enormemente sollecitata dall’eccessivo calore, che preoccupava i vari tecnici intervenuti, ricordo i primi caotici e confusi aiuti dei parrocchiani che hanno però permesso di celebrare puntualmente alle 18 la santa messa tra fedeli sgomenti, collaboratori sporchi di fuliggine e il don che non si capiva bene se fosse più preoccupato o incredulo per l’accaduto.
Ricordo le parole di Sua Eccellenza Angelo Verardo nell’omelia domenicale, il quale rivolto verso don Colombi e gesticolando come sua consuetudine, tuonava: “Guarda di non farti venire un infarto per così poco altrimenti ti…………”

     Ma al di là dei ricordi vorrei esternare un dubbio che ho sempre avuto e che penso abbia un minimo di fondamento; “ penso che in fondo, in fondo “, don Colombi alla fine sia stato grato a quell’evento. Si, “grato” perché l’incendio lo costringeva a restaurare, riprogettandolo, rivoluzionando e personalizzando tutto il presbiterio; grato perché il nuovo presbiterio avrebbe espresso anche nella struttura e nelle forme, la sua idea di parrocchia, realtà ecclesiale che abbraccia tutte la famiglie “chiese domestiche”.
Un abbraccio che è sintetizzato e che a prima vista è impossibile non notare entrando in San Rocco osservando il fondo del presbiterio, la cui parete concava e volutamente bianca, sembra invitare e coinvolgere chi progressivamente si avvicina all’altare.

      Ma se si presta un attimo di attenzione, salta subito all’occhio come tutto sia stato collocato, pensato e realizzato per ricreare quel senso di familiarità, di accoglienza, festosità, che ha sempre caratterizzato l’azione pastorale del nostro parroco.

- Il battistero luogo dell’inizio della vita in Cristo, posto sulla destra, in cui l’acqua è sempre movimentata da una piccola goccia che cade dall’alto e da dove, una cupola trasparente, lascia filtrare la luce solare che ne ravviva la struttura massiccia e al tempo stesso snella, solenne ma inconsueta sia nello stile, sia nella forma, richiamo alle parole della scrittura. “Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. (Genesi 1,2)
Lo Spirito e l'acqua sono le più antiche presenze della Bibbia. Nel libro della Genesi il primo movimento della vita è il movimento dello Spirito sulle acque. Da allora sempre lo Spirito e l'acqua sono legati al sorgere della vita, della purificazione, della “sete” dell’uomo per Dio. Per questo sono presenti nel Battesimo di Gesù e nel nostro Battesimo: come vita che rinasce, come purificazione che rigenera, ricrea e sconvolge. Quella stessa voce che nel battesimo del Signore riecheggiò sul fiume Giordano è scesa sul nostro Battesimo e ci ha dichiarati figli, i quali non da carne né da volere d'uomo, ma da Dio, sono stati generati ( Gv 1,13). «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» ( Giov. 3, 1-8). «Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2 Cor. 5, 17).Così il battesimo non è solo un rito esteriore di accoglienza in un’organizzazione umana, in esso Dio è prova della sua misericordia, della sua volontà salvifica, dell’amore che ha per ognuno di noi, così il battesimo è l’ingresso di una creatura nuova nella comunità dei figli di Dio, la quale è chiamata a far festa, a compartecipare, a sentire proprio il nuovo nato.
 

- L’altare, composto a prima vista in un unico blocco, ma che è l’unione da sette parti marmoree tra esse coese, richiamo ai sette sacramenti, strumenti unici per la vita del cristiano, il quale da essi trae forza e momenti certi della presenza di Cristo che si fa incontro con ognuno di noi. I sacramenti della Nuova Legge, mezzi fondamentali, voluti come aiuto, veicoli d’amore, istituiti da Cristo e che toccano tutte le tappe e tutti i momenti importanti della vita del cristiano, segni e mezzi che costantemente ricordano e che grazie ad essi, la vita di fede nasce, cresce, riceve la guarigione, festeggia la riconciliazione, il dono della missione sponsale o sacerdotale, celebra lo spezzare e il condividere con tutti il pane.         
Questi sette “segni” voluti fortemente in piena vista nel ripresentare l’altare nel nuovo presbiterio, che in esso caratterizzano e sintetizzano lo slogan di una pastorale moltitudinaria tesa a creare una comunità di fratelli che vivono, testimoniano e celebrano il loro essere chiesa in Cristo, per mezzo dello Spirito uniti in un solo io, nel camminare costantemente tutti uniti verso il Padre. 

- La cantoria collocata a semicerchio nel presbiterio, che spesso durante le funzioni si confonde e si mescola con i ministranti, con il celebrante, lo spazio per l’animatore liturgico che nella sua semplicità vuole essere il prolungamento e l’unione dell’assemblea nell’animare le liturgie, l’ambone che volutamente sembra non contenere il lezionario, quasi ad indicare e ricordare che ciò che è primario sono le sacre scritture in esso contenute, lo scranno del celebrante che si allarga sia a destra che a sinistra con quelli dei ministranti divenendone un tutt’uno.

- Il tutto completato dalla statua della Madonna, collocata a lato del presbiterio e che come sempre richiama la presenza discreta, ininterrotta ma fondamentale di Maria nella vita e nella missione della Chiesa, scultura che sembra voler invitare i fedeli a non aver paura di prendere in braccio, ad accogliere quel bambino da Lei offerto, venuto per la riconciliazione e la redenzione del mondo.

    Termino ripensando a quell’in fondo, in fondo, sopra accennato, ma che per me è una certezza; anche nella struttura il don ha voluto lasciarci una “nuova immagine di parrocchia” accogliente, espressiva, non statica ma viva e l’incendio ne è stato l’aiuto imprevisto. 

m.z.