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lunedì 20 febbraio 2012

"Educazione e figli" Il ruolo della famiglia cristiana nell’educazione


"Educazione e figli" Il ruolo della famiglia cristiana nell’educazione
Un’emergenza educativa ?

- Mezzo secolo fa i genitori non si ponevano, almeno in maniera esplicita, il problema educativo. La famiglia dava al figlio la propria impronta, che era più o meno in sintonia con il vivere sociale e con lo stile che le altre famiglie davano ai propri figli. Succedeva che qualche figlio andasse “fuori strada”, ma il progetto educativo, da quasi tutti implicitamente accettato, era preciso, omogeneo e pressante: i condizionamenti sociali e gli insegnamenti della Chiesa erano dei poderosi “guard-rail” che tenevano le persone entro un preciso modello di comporta-mento. Mettere al mondo un figlio era come inserirlo in un alveo ben definito che lo conteneva e lo accompagnava per tutta la vita.

- La grande svolta iniziata negli anni ’60 ha demolito progressivamente gli argini di questo alveo e i possibili percorsi di vita sono divenuti molteplici, affidati sempre più all’arbitrio del singolo. Molte famiglie si sono trovate sole e disorientate. Molti genitori oggi vivono sofferenze, ansie, disorientamento nel rapporto con i loro figli; sono rassegnati e spesso passivi di fronte alla deriva di molti dei loro figli, che seguono strade lontane da quelle percorse dai genitori; i genitori oggi hanno poca fiducia nella propria opera educativa, sono convinti che i loro figli prendono una piega diversa dalle loro attese per il forte potere che su di essi hanno i mezzi di comunicazione di massa (televisione, internet, stampa…), la scuola, i compagni, le mode… Spesso troviamo genitori che, pur non essendo d’accordo con le idee, gli atteggiamenti e le scelte dei loro figli, si salvano dalla disperazione dicendo: “oggi si usa così… oggi fanno tutti così… che cosa vuoi farci?”.

- Se diamo uno sguardo alle spalle di questi genitori disorientati nel rapporto con i loro figli, probabilmente scopriamo che, almeno per la maggior parte di essi, si era già interrotta la relazione educativa tra la loro generazione e quella che l’ha preceduta. La grande frattura del ’68 ha in qualche modo isolato una generazione privandola delle radici e impoverendola di quella ricchezza (naturalmente è sempre una ricchezza da purificare e da aggiornare) che ogni generazione di solito è in grado di trasmettere all’altra in forza dell’amore.

- Forse vale la pena tentare anche un altro ragionamento. La generazione del post-sessantotto ha rotto con i propri genitori e da questa rottura è derivata sofferenza sia per i padri e le madri che per i figli: per risparmiare questa sofferenza ai propri figli, la generazione del post-sessantotto ha cercato di realizzare un rapporto non conflittuale con i propri figli, un rapporto e così vogliamo dire alla pari (è la generazione dei genitori che vogliono essere “amici” dei loro figli).

- Questo genere di rapporto, incapace di gestire i conflitti, si è però anche impoverito di quella intenzionalità e di quella fermezza educativa che sono indispensabili in un dialogo educativo. Può essere forse una lettura semplicistica, ma, senza voler generalizzare troppo, ci dà qualche spiegazione dell’attuale impotenza di molti genitori in fatto di educazione. Insieme con la famiglia, sono andate in crisi tutte le altre “agenzie educative”. Non meno forte di quello dei genitori è il disorientamento degli insegnanti nel mondo della scuola e di tanti educatori: oggi si parla con sempre maggiore insistenza di una “emergenza educativa” che riguarda la famiglia, la scuola, le istituzioni ecclesiali, l’intera società.

- Lo ricordava qualche mese fa anche il Papa BenedettoXVI: “Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, della crescente difficoltà che s’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola sia la famiglia e si può dire ogni altro organismo che si prefigga scopi educativi... Così sia i genitori sia gli insegnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata”.

- Ad aggravare la situazione della famiglia nella sua dimensione educativa si aggiunge anche il fatto che il nostro tempo è segnato dalla fragilità delle famiglie sul piano relazionale e sul piano della “tenuta” ai valori

 fondamentali che dovrebbero sorreggerla, fragilità che determina spesso il fallimento del progetto di vita di molte famiglie. A questo si aggiunga che c’è un tentativo persistente della cultura radicale e dei mass-media di demolire il valore della famiglia mettendone in luce solo i fallimenti e la povertà. Bisogna dire che, nonostante questo, i giovani credono sempre più nella famiglia.

- Questo disorientamento d’altra parte ha messo in moto una ricerca di soluzioni e di risposte che hanno reso attuale il problema educativo:

·        chi educa le nuove generazioni?

·        A quali valori vanno educate?

·        Con quali risorse e con quali mezzi?

·        Quale futuro attende questa generazione?

- Il problema educativo ha investito sempre di più la vita sociale ed ecclesiale e l’attenzione si sta concentrando soprattutto sulla famiglia, chiamata per sua natura ad essere il primo e il fondamentale ambiente educativo per le nuove generazioni.


- Dobbiamo prendere atto che fino a qualche tempo fa, malgrado tutto, nel sentire comune erano presenti alcuni riferimenti di confronto costituiti da un complesso di norme istituzionali, valori etici, morali e religiosi da tutti accettate e ritenute imprescindibili; tradizioni, consuetudini, valori su cui la gente si misurava, a prescindere dall’opzione specifica di fede o di pratica  religiosa, a prescindere dell’appartenenza politica o socio culturale. 

- Esistevano limiti riconosciuti invalicabili da tutti e da tutti accettati riferiti all’azione umana e alle culture, stabiliti dai grandi fatti biologici, naturali, etici, limiti entro i quali tutti si doveva vivere, operare e misurarsi.

- Il fatto tipico e assolutamente nuovo di quest’ultimo periodo della nostra epoca è che l’uomo di oggi ha la certezza che quasi tutto gli è possibile o gli sarà (grazie ai progressi scientifici) tecnicamente possibile, che i limiti sono o saranno a breve termine comunque superati e che ciò oggi è ritenuto impossibile, presto sarà reso possibile.              

- L’uomo  comune avverte che sarà sempre più emancipato dal ritmo del giorno e della notte, dai ritmi e dai limiti dello spazio, grazie ai traguardi raggiunti dalle tecnologie, alle forme di trasporto velocissimo, all’immediatezza delle comunicazioni. L’uomo  comune avverte ed è convinto che la scienza possa proporre ogni giorno la fattiva possibilità di superare, manipolare le stesse leggi della genetica, della procreazione naturale, dell’eredità biologica. La maggioranza dell’umanità è indotta a credere che potrà, in un avvenire prossimo futuro, controllare, fare ed ottenere tutto ciò che vuole: sulla natura, sui modi di essere, sulla qualità e durata della vita umana. Queste certezze sono alimentate grazie ai progressi, solo per citarne alcune, della ricerca scientifica, delle cellule staminali, della clonazione, della chirurgia estetica, capace quest’ultima di annientare il passare del tempo, di rimodellare difetti ed esaltare l’aspetto secondo i propri canoni e gusti estetici. Queste continue conquiste, dall’uomo moderno, sono sperate, avvertite e vissute come i nuovi orizzonti del possibile; medicina, tecnica e meccanica sono viste e percepite come la realizzazione del fantascientifico che diventa possibile e realizzabile, si è sempre più convinti che grazie a queste scienze, nel prossimo futuro, i traguardi raggiunti saranno la realtà concreta, realizzabile e tangibile di una nuova era priva di limiti per il genere umano, privi del dolore e della morte, privi di un sentire religioso retaggio del passato.

- Di conseguenza, il fatto nuovo della storia umana è che mai come oggi si è accresciuto a dismisura il senso della libertà: libertà dai condizionamenti naturali e biologici, libertà dalle leggi e dalle consuetudini, libertà

dai vincoli della natura e del tempo, libertà da Dio, dalle sue leggi, precetti e istituzioni. Mai l’uomo ha avuto tanta libertà, mai è stato più emancipato e disancorato da forme di riferimento che parevano ovvie, obbliganti, scontate, evidenti, invalicabili. Le norme, le regole, le tradizioni, le convenzioni di riferimento appaiono un valore relativo, non più un dato assoluto che non si tocca; esse valgono nella misura in cui sono contrattabili in virtù di un utile, di un fine. Tutto è negoziabile e opinabile, tutto può essere scelto, tutto cade sotto l’interpretazione del soggettivo; sul mercato del denaro è possibile comprare di tutto, tutto diventa mercanzia e oggetto di scambio, sono in vendita anche la legalità, la dignità, la vita altrui, spingendosi in casi sempre meno estremi al tentativo di giustificare con motivazioni deliranti, traffici ignobili come quelli degli organi di bambini provenienti da paesi del terzo e quarto mondo, la cui sola colpa è la povertà e l’ignoranza cronica dell’ambiente in cui vivono con le loro famiglie.

- Regole e canoni della “Finanza mondiale” diventano la legge fondante, lo scopo e la ragione su cui ci si deve orientare, sulla quale si modella il proprio agire e pensare, regole ed esigenze che nell’essere attuate sconvolgono, condizionano, plasmano nel bene e nel male il destino di interi stati, dell’intera umanità.

- A questa mentalità non sfugge nemmeno il concetto di sacro. La divinità che ad esso è legata è recepita in maniera personalizzata, adattata alle proprie esigenze, svilita al proprio credo e sentire, a forme interpretative spesso poste ai limiti della contraddizione e del folcloristico; concetto di sacro che confina entro certi limiti la nostra personale visione interpretativa,(un conto è Dio un’altra cosa sono gli affari), divinità appiattita alla nostra “immagine di Dio” (credo si, ma non nella Chiesa e nel Dio che essa propone, credo si, ma ho una mia visione delle fede e di cosa si debba intendere per Dio).  Per molti poi anche la divinità ha dovuto cedere il passo e svanire nella concretezza inarrestabile e incontrovertibile delle scienze e del trionfo del “super io”, anche il trascendente deve manifestarsi nelle forme della privata e soggettiva interpretazione, dei filtri e canoni del comune e personale sentire ed agire e non a quanto proposto e da sempre insegnato dal Magistero della Chiesa. A questi modelli interpretativi devono adeguarsi tutti, anche i vertici della Chiesa, vertici che dovrebbero modificare ed aggiornare insegnamenti e fede alla luce di un’esigenza di modernità più realistica e più facilmente proponibile e percorribile. 

- I dettami della propria fede personalizzata sono sempre giustificati e secondari alle ragioni ed alle esigenze del momento, ne consegue che le ragioni dello spirito sono “secondarie” alle esigenze “primarie” della carne, ad esse si devono adeguare o soccombere; il tangibile diviene la vera esigenza cui si deve far fronte, a cui si devono orientare ed investire i propri sforzi e le proprie capacità morali ed intellettive, “ognuno diviene giudice ed arbitro di se stesso e del proprio agire”, il senso e l’entità del peccato cadono sotto “la tua libera, personale ed insindacabile interpretazione”. In quest’ottica la divinità e il prossimo si configurano come destinatari di ciò che ti avanza; Dio è confinato nei limiti e negli spazi che noi gli concediamo.

- La vecchiaia, le malattie, gli handicap fisici e psichici, sono classificati nella lista delle limitazioni alla libertà, all’efficientismo, al perfezionismo, allo stereotipo dell’uomo moderno, il quale deve essere sempre bello, aitante, ricco, sempre giovane, vincente su tutto ed a qualunque costo. La logica del possesso porta ad una cultura dell’individualismo, dell’accaparramento ed all’egoismo sopra ogni valore e cosa, il possesso del denaro e la sua capitalizzazione impongono il primato dell’avere su quello dell’essere. Non vali per ciò che sei, ma per ciò che hai e per ciò che possedendo puoi ostentare.

- E’ sempre più diffuso il comune sentire che ritiene che credo e valori religiosi siano da rilegarsi nelle limitazioni del passato, classificandoli  come fonte ed ostacoli al libero pensiero, limitazioni alla propria crescita; pertanto l’uomo moderno deve liberarsi da retaggi e credenze che prima o poi saranno smentite dal progresso e dalla concretezza della conoscenza scientifica. Si rimuovono i crocifissi simboli muti ed ingombranti di un credo di cui spesso ci si vergogna, o di cui si è perso le ragioni; il tutto in nome di

un’integrazione che è e appare più come negazione reciproca che dei valori delle proprie origini e tradizioni, che dell’incapacità di pacatamente motivare le proprie idee e la propria cultura, della cecità di riconoscere nel diverso il completamento, l’arricchimento e non la  contrapposizione o impoverimento di ciò che tu sei o di ciò che lui è.     

- Si riafferma il concetto che l’uomo è stato il vero creatore della divinità, per esigenze legate a particolari momenti, culture e vicissitudini storiche, a movimenti di pensiero, ad una diffusa ignoranza; si arriva nuovamente ad affermare che Dio è stato creato dall’uomo “forte e scaltro”per sottomettere l’uomo “mite e ingenuo” (la religione classificata l’oppio dei popoli elargito dai potenti per i loro interessi e per sottomettere le masse ingenue ed ignoranti).

- Si afferma che la cosiddetta fede religiosa è una realtà che non ha retto quando sottoposta alla prova storica e scientifica, o al progressivo evolversi dal pensare del tempo presente, pertanto ha esaurito il suo scopo, smentita e confinata alla stregua della cartomanzia, degli oroscopi, delle pratiche esoteriche, figli anche quest’ultime di un retaggio duro a morire di ignoranza e pseudo-culture del passato.

- Altrimenti (l’esigenza religiosa ) viene vista come una realtà temporanea che finisce per investire quasi solamente i ragazzi o gli anziani: i primi per festeggiare eventi sempre più mondani e fine a se stessi come prima comunione, cresima e matrimonio, i secondi per esorcizzare la vecchiaia, l’incalzare del tempo, i malanni fisici, la morte e con essa l’incognita della realtà di ciò che ci attende al termine di questa esistenza biologica.   

- Dobbiamo però prendere atto che la stessa libertà vista, concepita dall’uomo dell’età presente, da quest’ultimo fortemente personificata, strenuamente pretesa e difesa al proprio vivere, sentire e valutare non è mai stata tanto facilmente manipolabile. I grandi strumenti del consenso sociale l’addormentano ( la libertà ), o la guidano mediante la tecnica applicata al controllo della vita di persone, mediante i mezzi informatici che permettono di seguire la gente in tutti gli atti più semplici anche dell’ambito e nella sfera dell’intimo, del privato. I mass-media sempre più assumono e sono riconosciuti come idonei ad essere ed incarnare il ruolo del sentire e di “giusta coscienza e giudizio di massa”. Tale controllo (che essi sono in grado di esercitare capillarmente) ci fa comprendere che la libertà a cui l’uomo è assunto non è mai stata così grande e insieme così fragile. Con questo crescere tumultuoso del senso prepotente della libertà e del lecito che affascina non solo i ragazzi, i giovani, la gente semplice, dei paesi e dei luoghi più remoti, ma tutti noi attraverso i messaggi che giungono dai mass media, messaggi sempre più tesi a spiegare e convincere alle ragioni di quanto viene da loro proposto, che la verità e la conoscenza in tutti i settori è solamente quella di cui ( i mass media) sono portatori.  

- Ma il luogo dove le tensioni della libertà e soprattutto, l’uscita dalle convenzioni si concentrano, è la famiglia.

- L’identità della coppia nel matrimonio, la famiglia nella sua costituzione, nella sua durata, nella sua fecondità, nella sua missione viene invasa dall’opinabilità generale che non la ritiene soggetta a regole e norme da noi considerate proprie della famiglia tradizionale. Il concetto stesso di famiglia è stravolto ed applicato a forme di unione particolari, improprie al suo naturale significato e scopo costitutivo. L’essere una sola carne nell’amarsi, nel rispettarsi sia nella buona che nella cattiva sorte, sembra confinarsi ed esaurirsi alla formula del rito, o nel periodo di breve termine che segue. La capacità e la volontà di superare con il reciproco impegno e coadiuvati dalla grazia sacramentale della propria unione, gli inevitabili ostacoli, le possibili incomprensioni, le difficoltà di ogni ordine e grado compreso quello economico, sono ben lontane dalla realtà che impone il primato e le esigenze dell’io su quelle del noi, dell’avere su quelle dell’essere, del donare su quella del pretendere, del condividere su quella del possedere: in quest’ottica l’amare significa solo compiacere se stessi.

- Anche la figura dei “nonni” non è indenne a questi mutamenti, a volte essa si svilisce perdendo la sua naturale ricchezza di esperienza del vissuto, di realtà ed esperienza storica famigliare; sempre più si impone come figura di collaboratori economici a supporto del / al bilancio famigliare, bilancio che comunque deve comprendere scelte divenute “primarie” come il lavoro di entrambi i coniugi per permettere le molteplici attività sportive, ricreative, comportamentali ed estetiche; sempre più il nucleo famigliare finisce per riscoprirsi come “estranei nella propria casa” perché uniti solo nei ritagli concessi dal lavoro, dallo sport, dallo svago, dalla televisione, da internet. In un’ era che si caratterizza sempre più dalla facilità delle comunicazioni il “mutismo” tra le mura domestiche, la mancanza di argomentazioni, la mancanza di tempo e di dialogo da dedicarsi reciprocamente, sono sempre più realtà del momento.

“Famiglia, credi in ciò che sei!”

- L’educazione è un diritto e un obbligo che appartiene ai genitori in forza della decisione di generare: “Il compito dell'educazione affonda le radici nella primordiale vocazione dei coniugi a partecipare all'opera creatrice di Dio: generando nell'amore e per amore una nuova persona, che in sé ha la vocazione alla crescita ed allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana”. Mettere al mondo un figlio, che non ha chiesto di esistere, è in qualche modo fare un patto con lui per dimostrargli che la vita è un bene che vale la pena di essere vissuto.

- Nel contesto sociale e culturale che abbiamo descritto sopra, il primo problema è di restituire alla famiglia fiducia in se stessa e nelle proprie possibilità di educare. L’esortazione del Papa Giovanni Paolo II “Famiglia, credi in ciò che sei” non vale soltanto per la ricchezza antropologica e teologica che la famiglia porta in se stessa come bene supremo della persona e della società; vale anche per il potenziale educativo che la famiglia per sua natura contiene.

- Dobbiamo credere fortemente che anche oggi la famiglia lascia un segno determinante nella vita dei propri figli. La relazione educativa della famiglia gode di una grande risorsa di partenza, quasi come di un “patrimonio naturale” che accompagna la genitorialità, che è l’amore che un papà o una mamma ha per il proprio figlio. Nel campo educativo non c’è mai nessuna situazione “disperata”: partendo dall’amore paterno e materno (anche in situazioni che definiamo “irregolari”) e dal desiderio di ricercare il bene per il proprio figlio, è sempre possibile ritrovare, anche a prezzo di grandi cambiamenti, la capacità di essere un buon educatore.

Mezzi e risorse per educare in famiglia

- Quali sono i mezzi principali che la famiglia anche oggi ha a disposizione per lasciare il segno nei propri figli?

Naturalmente qui, prima di entrare nell’ambito dell’educazione alla fede, parliamo della relazione educativa in genere, che comprende tutto l’arco dei valori a cui educare.

La relazione affettiva.

- Non c’è dubbio che la principale ricchezza che ogni famiglia ha a disposizione ( anche le famiglie che vivono in situazione problematica ), è la relazione affettiva che deriva dalla comune appartenenza di sangue e dalla vicinanza quotidiana. L’amore ha una forza persuasiva che va al di là della capacità di motivare e di convincere; esso suscita un desiderio di imitazione e un bisogno di identificazione che abbraccia tanto i modi di vivere che i valori sui quali si imposta la vita. Di questa grande forza persuasiva spesso non si rendono abbastanza conto nemmeno gli stessi genitori, i quali ritengono che, nonostante gli sforzi da loro compiuti con generosa dedizione per trasmettere ai figli certi valori, essi siano portati ad assumere le logiche di comportamento prevalentemente dall’ambiente esterno: dai compagni, dagli amici e dai mass-media. Questa sfiducia dei genitori si genera e si consolida soprattutto nel momento dell’adolescenza, quando il figlio comincia a prendere le distanze dai genitori per affermare la sua autonomia e seguire la sua strada.

Una comunicazione significativa.

- Una risorsa importante per l’educazione in famiglia è data da una comunicazione significativa ed efficace.  Per “comunicazione”, non  va soltanto attribuito all’uso della parola, perché la comunicazione si avvale di una grande ricchezza di mezzi, a seconda dei momenti e dei contenuti della relazione interpersonale:

saper ascoltare per mettersi in sintonia,

ascoltare “con il cuore”, per capire ciò che c’è nell’altra persona,

dire le parole giuste, quelle che contano, al momento giusto…

Oggi purtroppo per molti genitori manca il tempo o mancano le capacità di stare insieme con i loro figli per “ascoltarli” con il cuore: rispetto ai figli piccoli, per esempio, l’ascolto si esercita giocando insieme e cogliendo le loro curiosità e le loro interrogazioni.

 La comunicazione simbolica.

- Fa parte del patrimonio educativo della famiglia l’attenzione a vivere insieme con i figli alcuni momenti significativi della storia e della vita ordinaria della famiglia, sottolineandoli con gesti che diventano simbolici perché esprimono, nella semplicità del segno, la ricchezza di sentimenti e di contenuti: i compleanni, gli anniversari di alcune tappe della vita familiare, (il matrimonio dei genitori, il battesimo dei figli, le ricorrenze di lutti familiari, ecc.).

La testimonianza.

- Un’altra grande risorsa che la famiglia ha a disposizione per educare è la forza della testimonianza della vita, che vale ben più delle parole e delle raccomandazioni. È diverso il messaggio che passa quando i genitori cercano di accumulare ricchezza materiale senza limiti e senza scrupoli, vivono per il divertimento e spendono per cose inutili, i loro discorsi vertono sempre su cose vuote e inconsistenti, si disinteressano del disagio e della sofferenza altrui, o quando invece, la loro vita è impegnata in un lavoro onesto, in relazioni significative, in un’attenzione costante alle esigenze e alle necessità degli altri, testimoniano una fede semplice senza grandi discorsi ma con coerenza.

L’esperienza di un amore che va al di là delle mura domestiche.

- Nella formazione dei figli è importante trasmettere i valori fondamentali della vita non solo con l’insegnamento e la testimonianza personale, ma anche proponendo di coinvolgersi in esperienze dirette: l’attenzione ai poveri, ai malati, a chi è nel bisogno e a chi vive difficoltà particolari, praticare piccoli gesti di “carità” e di “vicinanza”, proporre queste esperienze con gradualità pedagogica non spetta soltanto agli animatori della catechesi o della pastorale giovanile, ma compete anzitutto ai genitori, che possono suscitare una sensibilità e una disponibilità iniziale coinvolgendo i figli in qualche loro iniziativa o gesto di attenzione verso i fratelli della comunità.

La preghiera fatta insieme.

- Anche il pregare insieme può essere una potente risorsa educativa: è un’occasione particolarmente efficace per comunicare i sentimenti, i valori e uno stile di vita proprio della famiglia.

- La preghiera è esperienza di incontro con Dio, ma è anche momento di intensa comunicazione “orizzontale” tra coloro che pregano e di assunzione di una realtà più ampia che sta intorno alla famiglia; è un momento di “intimità” in cui si sperimenta una comunione particolare che viene dall’Alto e che ci rende più vicini tra di noi; è un momento di responsabilità nei confronti delle situazioni di bisogno che si presentano a Dio.

Il profilo dei genitori come educatori

- Genitori efficaci non sono i genitori perfetti, ma i genitori che sanno porsi umilmente e coraggiosamente in atteggiamento di scoperta e di conversione. Delineiamo alcune caratteristiche del buon genitore.

Riconosce la “trascendenza” del figlio.

 - Molti genitori oggi sono ansiosi e possessivi nei confronti dei figli. La possessività nasce dalla convinzione che il figlio mi appartiene come una proprietà ed è destinato a far parte per sempre della mia vita. L’ansia nasce dalla presunzione di essere io l’unico decisivo plasmatore della sua vita: allora lo circondo di affetto e di attenzioni soffocanti perché la sua crescita risponda alle mie attese su di lui.

- Sono atteggiamenti che alla lunga generano insicurezza, sensi di colpa e ribellione nei confronti dei genitori che hanno impedito al figlio di crescere. È importante invece che i genitori riconoscano la “trascendenza” del figlio: egli non è un prodotto nostro, ma viene da lontano, ci è stato affidato da Dio perché lo aiutiamo a crescere e a trovare la “sua” strada.

- L’atteggiamento giusto dei genitori è di stupore e di meraviglia di fronte a un figlio donato e affidato con fiducia dal Padre della Vita, di obbedienza nei confronti di quell’iniziativa arcana che sta al principio della vita umana.

Conosce la meta e la strada da percorrere.

 - I genitori non devono presentarsi ai figli con la presunzione di chi sa tutto e impone la strada da seguire; d’altra parte i genitori sono adulti che hanno (o dovrebbero avere) maturato alcune scelte fondamentali e hanno acquisito alcuni punti sicuri di riferimento: sanno cos’è il bene e sanno indicare una via per rag-giungerlo.

- È molto diffuso oggi tra i genitori l’atteggiamento, falsamente “democratico”, di mettersi alla pari dei figli, da amici; è segno di insicurezza e vuoto di contenuti educativi da proporre.

Sente la responsabilità di formarsi.

- I genitori sono chiamati a una grande responsabilità: che non deve tradursi in ansia, deve semmai essere di stimolo a crescere nella capacità educativa e a mettere mano a una formazione per la quale oggi non mancano occasioni e iniziative.

- La comunità cristiana dovrebbe accompagnare con maggiore cura i genitori nella loro difficile missione educativa.

Attende i frutti con ottimismo e pazienza.

- Un rimedio all’ansia di molti genitori sono le virtù dell’ottimismo e della pazienza, bene sintetizzati nella parabola di Marco 4,26-296: il genitore, come il contadino, dopo aver seminato con cura, va a dormire tranquillo e attende con pazienza la stagione dei frutti: “egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera“. I genitori saggi sanno che è un Altro che fa crescere e affidano nella preghiera i loro figli a Colui che li ha chiamati con un gesto di grande fiducia ad essere “cooperatori e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla”.

Sa mettersi in disparte con gioia.

- Infine i genitori dimostrano la loro sapienza educativa quando, dopo aver accompagnato i figli verso la loro autonomia, sfumando gradualmente il peso della loro presenza, sanno mettersi in disparte, contenti di vedere che essi sono in grado di percorrere da soli la loro strada.

- Obiettivo della cura dei genitori infatti non è quello di legare a sé i propri figli per la vita, ma quello di aiutarli a crescere verso il loro futuro, a costruire relazioni nuove rispondendo a una loro vocazione specifica che li potrebbe portare anche lontano dalla propria famiglia di origine.

- Può essere un modello e un aiuto per i genitori a questo riguardo la testimonianza di Giovanni il Battista. Ai discepoli che gli chiedevano se era lui il Messia promesso, Giovanni risponde: “Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui … Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire”.

- Quando i genitori non  sanno mettersi in disparte rispetto ai figli già adulti, sono causa di problemi enormi nei figli: specialmente quando questi stanno impostando la loro giovane famiglia.

Dedica tempo e risorse alla propria relazione di coppia.

- Va anche detto che i genitori, per essere dei buoni educatori, non devono trascurare la propria relazione di coppia. È frequente infatti che due sposi, dal momento in cui diventano genitori, orientino tutte le proprie risorse e attenzioni sul figlio: la “sindrome da nido vuoto” è alla base di molti fallimenti di coppie tra i 20 e i 30 anni di matrimonio. È importante allora che i genitori dedichino tempo e risorse anche a se stessi, coltivino la propria intimità e relazione, altrimenti rischiano di impoverirsi e di non essere più in grado di comunicare nulla ai figli se non povertà, tensioni e frustrazioni.


·       Educare i figli alla fede: un impegno che nasce da due Sacramenti

- Non possiamo nasconderci che oggi la sfiducia nella famiglia (dovuta anche alle sue fragilità, come abbiamo detto sopra) porta spesso anche nei nostri ambienti ecclesiali la convinzione che la parrocchia deva educare alla fede “nonostante la famiglia”o “in supplenza alla famiglia”.

- Di fronte a questa convinzione “va ricordato che la famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore, nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede”.

- Se da una parte la pastorale familiare deve ricordare continuamente alle comunità cristiane di non accettare troppo facilmente la delega in bianco dei genitori ma piuttosto di formare e sostenere le famiglie in questa loro responsabilità primaria, dall’altra parte essa deve darsi da fare perché i genitori cristiani siano sempre più consapevoli che educare alla fede consegue direttamente alla loro scelta del matrimonio cristiano e del battesimo dei figli: “Trasmettere la fede ai figli, con l’aiuto di altre persone e istituzioni come la parrocchia, la scuola o le associazioni cattoliche, è una responsabilità che i genitori non possono dimenticare, trascurare o delegare totalmente”.

- Uno degli impegni essenziali che gli sposi esprimo nel momento del matrimonio riguarda la responsabilità del generare e dell’educare: “Ci impegniamo ad accogliere i figli che Dio vorrà donarci e a educarli secondo la Parola di Cristo e l’insegnamento della Chiesa”.

- Quando i genitori presentano un figlio perché riceva il Battesimo, accogliendoli all’ingresso della chiesa, il celebrante rivolge loro un ammonimento solenne: “Chiedendo il Battesimo per il vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?”. I genitori naturalmente e consapevolmente rispondono: “sì”.

- Anzitutto è importante preparare gli sposi e i genitori prima del Matrimonio e prima del Battesimo perché siano in grado di pronunciare con libertà e responsabilità questi impegni, ma poi è importante, lungo il tempo della formazione permanente, richiamare in alcuni momenti gli impegni assunti.

Genitori e catechisti, insieme per educare alla fede

- Una volta  affermato che è compito primario della famiglia educare alla fede, va però anche detto che la famiglia in questo compito non è autosufficiente: c’è bisogno del contesto di una famiglia più grande, la comunità cristiana, che diventa anch’essa, come la famiglia, “grembo generante ed educante” per il cristiano.

- Le due realtà, la famiglia e la comunità cristiana, non sono in alternativa.

- È un errore delegare in bianco l’educazione cristiana dei figli alla parrocchia (“non è possibile accettare un’assenza dei genitori nel cammino dei figli” ), come è un errore limitare alla famiglia l’ambiente che educa alla fede. È indispensabile l’apporto della famiglia come è indispensabile l’accompagnamento dei catechisti e l’esperienza comunitaria nella espressione della fede e dell’impegno cristiano.

- Educare alla fede in famiglia non richiede, come invece avviene per la catechesi parrocchiale, programmi e orari; in famiglia si educa non tanto comunicando verbalmente dei contenuti, ma “vivendo” in un certo modo, stando attenti a valorizzare tutte le esperienze che si susseguono nella vita familiare,  nella comunità ecclesiale, per interpretarle nella luce della fede e per cogliere gli spunti per dilatare l’orizzonte della visione cristiana della vita.

- Alcune attenzioni devono essere costanti nei genitori cui sta a cuore il cammino di fede dei figli “cogliere le occasioni della vita quotidiana”

per parlare di Dio,

per comunicare la sua Parola,

per interpretare gli eventi e per orientare il cammino della vita.

- Quest’ultimi, per quanto dolorosi e problematici (come ad es. la morte di una persona cara), sono preziosi per trasmettere una visione della vita attraverso l’interpretazione della fede: sottrarre ai bambini queste occasioni significa farli trovare impreparati davanti a inevitabili traumi che la vita riserverà più avanti.

“valorizzare i segni “

ü  che richiamano la presenza di Dio e la comunicazione con lui nella preghiera:

ü  un’icona o immagine sacra,

ü  un cero, un simbolo sacro,

ü  uno spazio particolare... rifuggendo dall’uso esclusivo di parole e di concetti astratti;

“narrare”le opere di Dio

nella storia della salvezza come raccontare, suscitando gratitudine, gli interventi di Dio nella storia della famiglia e nella vita quotidiana (abbiamo molto da imparare dalla tradizione ebraica: basti pensare al contesto catechetico della celebrazione della Pasqua!); il Catechismo dei bambini ribadisce l’efficacia pedagogica della narrazione della storia sacra ai bambini.

“pregare insieme in famiglia”

la preghiera comune in famiglia diventa un momento prezioso di educazione alla fede; soprattutto al inizio giornata ed alla sera, essa rende abituale l’osservare con interesse l’intreccio degli eventi e lo scorrere delle persone davanti a noi come parte della nostra storia e della nostra famiglia,  aiuta a riconoscere l’agire di Dio che opera per il nostro bene anche quando noi non ce ne accorgiamo.

- La preghiera familiare, per educare al senso della vita e per non perdere il riferimento all’esperienza quotidiana, deve avere due caratteristiche, sottolineate anche  nella “Familiaris Consortio” . “È una pre-ghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme” ed è “impastata di quotidiano”  

- L’apporto della catechesi è però determinante perché la fede non viva soltanto l’esperienza dell’intimità della famiglia, ma sia capace di suscitare il senso di una fraternità più grande che ha origine dall’Eucaristia, dove è il Signore che ci riunisce al di là dei legami di sangue e al di là dei sentimenti per costruire una comunità che annuncia, celebra e testimonia la vita nuova del Risorto.

- La catechesi, rispetto all’intervento della famiglia, ha un carattere più sistematico che mira a dare un quadro completo di riferimento dei contenuti della fede, ma nello stesso tempo introduce all’esperienza di quella famiglia più grande che è la comunità cristiana.

- Le molte esperienze di catechesi familiare nelle quali vengono coinvolti anche i genitori in un cammino di fede adulta in parallelo con la catechesi dei loro figli, e di una più accurata formazione dei genitori che chiedono il battesimo per i loro figli, dimostrano che lì dove c’è questo intreccio armonico tra il coinvolgimento della famiglia e l’accompagnamento dei catechisti, il cammino di fede diventa più sostanziale, interessa insieme tutta la famiglia e l’insieme della comunità cristiana.

 Ridare fiducia ai genitori e formarli

- Occorre ridare ai genitori fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità educative.

- Certo, che l’amore da solo non basta, o meglio:

ü  l’amore è il migliore canale di trasmissione, ma se i genitori hanno il vuoto in se stessi, l’amore trasmetterà il vuoto;

ü  se i genitori riempiono la propria vita di ideali negativi e frustranti, non potranno che incidere negativamente nella vita dei propri figli.


Allora il primo problema sarà quello di aiutare gli adulti a riconoscere e a scegliere valori autentici;

il secondo problema sarà di aiutarli a capire che oggi è necessaria anche una competenza, frutto di un cammino di formazione.

- Non basta l’amore, occorre l’umiltà di riconoscere che essere genitori oggi è un mestiere difficile ma possibile e che per essere all’altezza della missione bisogna spendere tempo e risorse per formarsi, soprattutto nel confronto con altri genitori, valorizzando le occasioni che possono venire da vari ambienti.

- Per ridare fiducia ai genitori, è quanto mai opportuno l’incoraggiamento paterno che il Card. Carlo Maria Martini ha rivolto ai genitori in una splendida lettera poco prima di lasciare il suo servizio pastorale a Milano:

La vostra vocazione a educare è benedetta da Dio: perciò trasformate le vostre apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato.

Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto.

Educare è una grazia che il Signore vi fa: accoglietela con gratitudine e senso di responsabilità.

Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non perdetevi d’animo, non c’è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio”.