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sabato 17 novembre 2012


Parrocchie di San Rocco e San Lorenzo martire

Parrocchia Comunità in Cammino nella Comunione

Nel mese di settembre la vita della parrocchia si ricompone nella ricerca di crescita nella propria identità e nell’impegno di qualificare sempre meglio le proprie espressioni: nella chiesa locale si è chiamati ad essere - in prospettiva di insieme - segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e degli uomini fra di loro. Le tematiche che riguardano la parrocchia sono molte: su quali pilastri costruire la vita parrocchiale, come rivalorizzare e rivitalizzare le sue strutture, come attrarre nuovi animatori disposti ad un impegno di collaborare attiva con le strutture parrocchiali, con quali iniziative aiutare chi si accosta ai sacramenti per riceverli con frutto per  la crescita spirituale, come rendere la nostra comunità parrocchiale scuola di fede e di liberazione dagli incombenti mali di oggi, in che modo prendersi cura dei suoi aspetti caritativi e liturgici, in quali condizioni ha possibilità di incidere sul mondo in cui è collocata, in quale rapporto  si colloca con la società contemporanea. Dovendo portare attenzione sulla dimensione-base necessaria all’inizio del nuovo anno pastorale, è opportuno concentrarsi su un solo argomento: l’importanza della comunione in parrocchia. E’ qui infatti che si trova anche la radice della sua crescita spirituale, della fecondità del suo impegno di evangelizzazione, della sua incidenza storica e sociale.

Il senso della comunità

Sono  di per sé una risposta ed un valido aiuto le espressioni che il Magistero riserva alla parrocchia per definirne il cammino. Papa Paolo VI°, dopo aver affermato "che la sorte della evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa", sottolineava - nei riguardi della parrocchia - "che ogni azione è prospera ed efficace se è unitaria", per cui se "prima si chiedeva alla parrocchia che si radunasse per la Messa della Domenica, adesso da essa si esige che sia unita in forma permanente, e che abbia in grado superiore il senso della comunità. Allora non è sufficientemente coltivata la norma, l’ansia per la comunità". Giovanni Paolo II°, in un incontro con  gli animatori di pastorale parrocchiale provenienti dai cinque continenti, dava questa prospettiva: "Oggi la parrocchia può vivere una nuova e grande stagione. Spesso smarrito e disorientato, l’uomo contemporaneo cerca la comunione. Avendo non di rado visto frantumarsi o disumanizzarsi il suo contesto sociale, anela ad una esperienza di autentico incontro e di vera comunione. Ebbene, non è questa la vocazione della parrocchia, di essere cioè una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, una fraternità animata dallo spirito di unità, la famiglia di Dio in un posto concreto. La parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio: ma riscoprirsi comunità. Cristiani non si è da soli. Essere cristiani significa credere e vivere la propria fede insieme ad altri e così essere chiesa".Tenendo presente che nelle grandi parrocchie i vari gruppi diversificano gli aspetti di vita ecclesiale, Paolo VI° suggerisce questa bella immagine: "Questa evoluzione della parrocchia che si esprime in piccole comunità e gruppi ci fa pensare ad una comparazione: quella del concerto vocale e strumentale. Ognuna delle piccole comunità (o gruppi) è un po’ differente dalle altre, come le voci e gli strumenti. Però tutte ed ognuna, per essere autenticamente chiesa, devono essere molto attente di rimanere in comunione"

La forza coesiva della carità

Una descrizione di una autentica realtà ecclesiale presente in un determinato posto è fatta da Paolo VI° visitando la parrocchia di Maria Consolatrice in Roma. "Come si chiama questa forza coesiva atta a tenere insieme il corpo ecclesiale? Lo sanno tutti: si chiama carità. E’ la grande legge costitutiva della chiesa. Sono uniti i fedeli nell’amore, nella carità di Cristo? di certo questa è una parrocchia vitale; qui c’è la vera chiesa; giacché è rigoglioso allora il fenomeno divino-umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perché iscritti nel libro dell’anagrafe o sul registro di battesimo? Sono aggregati solo perché si trovano, la Domenica, ad ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni contro gli altri? Se è così, la chiesa non risulta, in quel caso, compaginata; il cemento che di tutti deve formare la reale, organica unità, non è ancora operante. Ricordate le parole solenni di Cristo. Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, autentici seguaci e fedeli, se vi amerete gli uni gli altri: se ci sarà questo calore di affetti, di sentimenti: se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Lui.” Che cosa sarebbe infatti una comunità senza la carità? Che cosa sarebbe se non attuasse quello che il Concilio ha chiamato la legge del nuovo popolo di Dio: il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati? Che cosa sarebbe senza la piena comunione con i vescovi ed i sacerdoti? Questa carità inoltre deve farsi visibile. Essa deve permeare ed ordinare tutti gli aspetti propri della comunità, in modo che la vita spirituale sia capace di unire l’amore di Dio e l’amore del prossimo.

Corresponsabilità ecclesiale

L’impegno di "edificare la chiesa" è compito di tutti. Non tutti lo compiono allo stesso modo, ma secondo vocazioni, doni, carismi, diversi e con varietà di servizi e di attività; ma tutti sono chiamati a compierlo nell’amore che tutto crede, tutto sopporta, tutto giustifica. Esortava San Paolo le prime comunità di credenti: "Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato.  Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.” (Rom. 12, 3 e ss.).C’è una distinzione di servizio e di grazia tra il ministero sacerdotale e l’impegno laicale: ma l’uno e l’altro concorrono - organicamente - ad attuare il disegno di Dio sulla umanità. Il rapporto fraterno fra tutti conduce più profondamente alla ricerca della concordia e a far sì che ogni carisma ed ogni attività venga esercitato in accordo con coloro che presiedono nella chiesa. Il cammino ecclesiale richiede, certo, dedizione di cuore e di opera, con unità di intenti e con ricerca di organicità di disegno: ma chi vive l’impegno ecclesiale ha la certezza di essere chiamato ad un progetto di grande significato, come umile e necessario strumento dell’Unico Architetto e Costruttore che ha affermato "Io edificherò la mia Chiesa".In questo senso si può affermare che la parrocchia attua, o è chiamata ad attuare,  la presenza di Gesù in mezzo ai suoi fedeli e in tal modo, lo stesso popolo cristiano diventa, si può dire, sacramento, segno sacro della Presenza del Signore.

Come in una famiglia

La comunità, nel suo senso più profondo, è costituita dall’unità dei credenti con Gesù e tra di loro. Questa unità - parola-chiave dell’insegnamento della chiesa nata dal Concilio - il Papa ed i Vescovi l’hanno posta più volte a base della vita che si svolge in parrocchia. Gesù prega "perché siano una cosa sola. Come Tu, Padre, sei in me e Io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato" (Gv 17,21).Con queste parole Gesù ci ha suggerito - come dice il Vaticano II° - "una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità". La luminosa vocazione della comunità parrocchiale, è di sforzarsi di divenire in se segno-strumento visibilile di quella famiglia di Dio in un determinato tempo e luogo, capace di fondere insieme tutte le differenze umane dell’essere e dell’agire.

La parrocchia “Comunità di Credenti in Cristo”, potrà così far risplendere in qualche modo il volto del Risorto  in se ed esercitare un’azione efficace e credibile nei confronti delle anime da avvicinare al Vangelo.  Coloro che prima di noi hanno contribuito ad edificare passo dopo passo la comunità con opere materiali e spirituali e che ora, realtà della Chiesa Celeste pregano per tutti noi,  per la riuscita del nostro cammino di popolo di Dio in San Rocco e San Lorenzo, sono per  noi oggi, esempio, “memoria”  della fede e degli impegni vissuti, e dalla comunità sentiti in un rapporto fraterno in  cui essi restano e sempre saranno parte attiva per la riuscita del disegno di Dio sulla comunità e per l’umanità, disegno che invita tutti gli uomini oggi, allora e sempre ad essere un'unica famiglia nella verità e nella carità per mezzo dello Spirito, in Cristo, a lode e gloria di Dio Padre.  

                                                                                               m.z.