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domenica 26 dicembre 2010

la vera povertà


Si può essere poveri perché non si ha una casa, un’automobile, un vestito, un pasto quotidiano, un lavoro; ma la peggiore forma di povertà è togliere alle persone la possibilità di costruire il proprio futuro privandoli del lavoro, della libertà, dell’istruzione, dei sogni. 



sabato 25 dicembre 2010

Un Giudice - La PFM omaggia Fabrizio De Andrè

mercoledì 22 dicembre 2010

Lucio Battisti - La Collina Dei Ciliegi

giovedì 16 dicembre 2010


Un pomeriggio rientrando in ufficio dal mio solito lavoro mi resi conto che la caldaia era andata in blocco e nonostante i ripetuti quanto infruttuosi tentativi, non riuscivo a risolvere il problema.
I locali erano talmente freddi che era impossibile svolgere il benché minimo lavoro.
Avvisato il tecnico del problema, mi avviai verso casa, dove entrando, un piacevole tepore rendeva ancora più appagante e piacevole la decisione presa.
Il giorno successivo dovetti recarmi a Genova e al termine della giornata con alcuni colleghi decidemmo di andare a cena in un locale consigliatoci per le specialità locali.  
Usciti dal locale imboccati alcuni vicoli per raggiungere il parcheggio e ritirare la macchina per far rientro a casa, fummo interrotti nelle nostre conversazioni da una voce che proveniva da un angolo sotto i portici: “Capo, mi dai una sigaretta, per favore”
Mi fermai cercando di individuare chi avesse parlato e notato in un angolo dei portici una strana catasta di cartoni, vidi all’interno di essa la figura di una persona avvolta da indumenti, sciarpe e stracci vari che bivaccava tutto rannicchiato cercando di vincere il freddo e il vento piuttosto inclementi in quella serata.
La mia prima reazione fu quella di rispondere che non fumavo né io né i miei colleghi, poi memore del freddo subito in ufficio la sera prima ma soprattutto guardando il volto quasi inespressivo del mio interlocutore, mi premurai di aggiungere: “se vuoi però posso offrirti qualcosa di caldo”; poco distante avevo notato l’insegna di un bar ancora aperto.
Recatomi nel bar chiesi al barista se poteva prepararmi una bottiglia di latte e caffè o qualsiasi bevanda bollente e darmi alcune briosce o panini da portare via.
Il barista di rimando mi chiese “ è per il barbone all’angolo?” Gli risposi di sì e lui proseguendo “povero cristo ma almeno lui è tra quelli fortunati, anch’io a fine serata spesso gli regalo quello che mi avanza, in fondo è molto educato e non è per nulla violento e non l’ho mai visto ubriaco, chissà come ha fatto a ridursi in quello stato”
Uscito dal locale e avviatomi verso i mie colleghi che mi stavano aspettando piuttosto infreddoliti, mi feci dare da loro alcune sigarette, per poi dare il tutto a quella persona della quale mi aveva    particolarmente colpito e impietosito la quasi inespressività del volto.
Porgendogli le varie cose che avevo recampato, mi parve naturale chiedergli se non si fosse mai rivolto alle strutture che aiutano “i senza tetto” e lui prontamente  e con voce leggermente alterata: “tutte e due non ci vogliono, e io lui proprio non lo lascio, preferisco con lui morire dal freddo”
Non riuscendo a capire bene a chi si stesse riferendo gli  domandai “scusa, a lui chi? 
Posato quello che aveva in mano, si aprì il giubbotto dal quale spuntò una faccia di un cagnolino con due occhi che preannunciavano tutta la vivacità e la simpatia della bestiola.
Subito l’uomo accarezzò il suo fedele amico e il suo viso parve trasformarsi assumendo l’espressione di chi guarda ciò che di più caro ha.
Quasi contemporaneamente l’uomo spezzato uno dei panini ne diede un pezzo alla bestiola che, tutta felice, un po’ mangiava ed a tratti leccava affettuosamente e riconoscente la mano dell’ ”amico”.
Continuavo a guardare quella scena stupito da tanto affetto, amicizia e reciproca riconoscenza.    
Ad un tratto gli chiesi ” posso fare qualcosa per te“? E lui prontamente “no grazie hai già fatto abbastanza per noi, grazie.”

Per noi, i due si sentivano ed erano solidali tanto da condividere gioie e dolori, fortuna e avversità.
Quante volte noi, la società cosiddetta civile e ben pensante, riusciamo a esprimere valori così profondi e sinceri.
Quante volte riusciamo ad essere solidali con i nostri simili, soprattutto con coloro tra di noi più sfortunati e meno abbienti.
Quante volte riusciamo a condividere con l’altro il poco o il molto che possediamo o esserne partecipi nella sorte.
Tutte queste riflessioni mi sorgono oggi davanti al presepe che in questi giorni abbiamo allestito in casa, davanti a quella culla ora vuota che presto sarà occupata da Colui che noi chiamiamo Dio nostro salvatore, davanti a Colui che tutto può e tutto possiede e che tutto ha saputo donare senza nulla chiedere in cambio, nell’assoluta gratuità del donare, lasciandoci la libertà di scegliere se accettare o rifiutare il suo dono.   
                                                               m.z.

mercoledì 8 dicembre 2010

Fiabe e Favole di Natale







La storia e la tradizione di fare il presepe.


La parola presepe deriva dal latino e significa mangiatoia, cioè il luogo dove Gesù fu deposto appena nato»
II primo presepe fu realizzato da San Francesco a Greccio, un paesino vicino ad Assisi, Egli volle rappresentare la scena della natività affinché tutti, anche i più umili, capissero il significato profondo di quell’ evento,
La notte di Natale del 1223 Francesco allestì un presepe vivente dentro una grotta: Gesù, Giuseppe e Maria erano interpretati da persone vere, così come erano veri il bue e l’asinello.
La gente arrivò alla grotta in processione e rimase senza parole: sembrava proprio di essere a Betlemme davanti alla Sacra Famiglia.
Il presepe allestito da Francesco piacque talmente tanto che in breve tempo l'usanza si diffuse in tutto il mondo cattolico. Nel corso dei secoli statuine di legno, di terracotta e di cera sostituirono le persone in carne e ossa e la semplice scena della natività si arricchì di elementi paesaggistici e di tanti altri personaggi.







Il racconto della Stella di Natale

In un piccolo villaggio messicano viveva una bambina di nome Altea, Giunse la notte di Natale e tutti andarono in chiesa con un piccolo dono per Gesù» Solo Altea rimase a casa perché non aveva nulla da donargli. All'improvviso apparve un angelo. «Perché sei così triste?» chiese alla bambina.
"Perché non ho nulla da portare a Gesù!" rispose Altea. Allora l'angelo le disse: "Tu hai una cosa molto importante da donare a Gesù: il tuo amore. Raccogli le frasche che crescono ai bordi della strada e portale in chiesa. Vedrai, il tuo dono sarà il più bello di tutti."
Altea fece come le aveva detto l'angelo e depose un mazzo di frasche davanti all’altare. Mentre la bambina pregava le frasche si trasformarono in una pianta meravigliosa con foglie verdi e rosse: era nata la Stella di Natale.


LA FAVOLA DI NATALE

Era la notte di Natale. Nella calma ovattata della foresta, la neve scendeva copiosa e rendeva ancora più silenzioso il silenzio.
Nella baita, la calda luce del camino, disegnava sul muro strane forme e nel lettino, sotto una calda coperta, Luca ascoltava la favola di Natale che il nonno gli stava raccontando:
” Vedi Luca, devi sapere che le stelle non sono nate senza un motivo. Tantissimi anni fa, in una notte come questa, un bambino più o meno della tua età, guardava fuori dalla finestra. Era una notte buia e silenziosa e il cielo era nero e scuro, non c’era neanche la luna, perché non esisteva. Quel bambino si sentiva solo, ma tanto solo, così solo che espresse un desiderio con una tale forza che si alzò un forte vento e tantissimi dei fiocchi di neve che scendevano, come in questo momento, volarono nel cielo, riempendolo di puntini bianchi e la luna comparve per la prima volta nella sua storia per proteggerli. Da quel momento tutti gli uomini guardarono le stelle quando volevano esprimere un desiderio. Tornando a quel bambino, pochi minuti dopo la comparsa delle stelle, sentì grattare alla sua porta, la aprì e vide davanti all’uscio una cesta e nella cesta, un cagnolino infreddolito che lo fissava con i suoi occhioni.
Da quel momento quel bambino non si sentì mai più solo, neanche per un istante”.
Il nonno fissò Luca per vedere se si era addormentato, il bambino invece era attento e lo fissava a sua volta. Distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra. La neve scendeva sempre più fitta.
Luca guardò ancora il nonno:
” Anch’io nonno ho il mio desiderio. Vorrei che ogni anno della mia vita, in questa notte, tu mi racconti una fiaba!”.
Il nonno sorrise intenerito e una lacrima spuntò nei suoi occhi.
Luca era in piedi davanti alla finestra del suo appartamento. Era la notte di Natale.
I suoi figli alle sue spalle, stavano aprendo i pacchi con una gran foga. Luca fissava tra i fiocchi di neve e il suo pensiero vagava nella folla dei suoi ricordi, quando il suo sguardo cadde sulla strada, dove alla luce bianca di un lampione, un vecchio mendicante stava controllando nella spazzatura: forse sarebbe riuscito a trovare la sua cena?!
Come se sentisse lo sguardo di Luca addosso, si voltò verso di lui e sorrise, Luca ricambiò il sorriso, senza rendersi conto del perché. In quell’istante si sentì tirare la stoffa dei pantaloni:
” Papà, papà guarda che bello il mio garage nuovo!”.
Luca accarezzò la testa di suo figlio e ritornò con lo sguardo alla strada ma anche se erano passati solo pochi secondi, il mendicante era scomparso….fu in quell’istante che la favola più bella che aveva mai sentito comparve nella sua mente.




'Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede'.

'Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede'.

Ho letto e sentito parecchie volte da parte di molti esponenti di un certo pensiero oggi di gran moda, affermazioni lusinghiere riguardo alla 'filosofia sociale cristiana', ma mi stupisco sempre del fatto che essi non colgano la contraddizione insita nel fare una distinzione tra l'umanità di Gesù (il Gesù storico di Corrado Augias e di altri non-credenti che si vogliono cimentare in analisi del fenomeno che va sotto il nome di Cristianesimo) e la divinità di Cristo. Se Gesù è semplicemente un uomo, allora è anche un pazzo, perché si è sempre proclamato figlio di Dio e Dio lui stesso, ed il suo messaggio non è altro che il vaneggiamento di un folle. Mi si potrebbe obiettare che la pazzia è sopraggiunta alla fine della sua predicazione, e che è stata questa a portarlo ad accettare la morte di croce: il messaggio del Vangelo (secondo loro) era già stato annunciato in tutta la sua grandezza, e gli apostoli che lo avevano seguito ed erano stati testimoni della sua predicazione e delle sue opere ce lo hanno trasmesso. In ogni caso si deve rilevare una grande incoerenza nel fatto che gli atei accettano come autentica la testimonianza dei Vangeli se riferita all'aspetto 'filosofico e sociologico', ma se si parla di miracoli e della divinità di Cristo, allora obiettano di testimonianze tardive, fantasiose e non prodotte da spettatori e protagonisti diretti.
Nei Vangeli si citano persone che erano ancora vive al tempo dell'inizio della predicazione della Buona Novella, e che avrebbero potuto smentire (loro o i loro figli) ciò che di essi veniva raccontato; si citano anche luoghi ed in alcuni casi addirittura l'ora in cui un fatto si era verificato o un discorso era stato pronunciato: si può ben dire che la storicità dei Vangeli non è meno valida dei racconti di Tito Livio ('ab urbe condita' sulla storia di Roma dalla nascita ad Augusto) o di Tacito ( gli 'annales' sulle vite degli imperatori romani del I secolo), dell'autobiografia di Cesare o degli scritti di tutti gli altri storici latini e greci di cui viene riconosciuta l'autenticità e su cui si basa la storia antica che conosciamo. Per quanto riguarda i reperti archeologici vale lo stesso discorso: ce ne sono in abbondanza tanto da convalidare per lo meno i dati storici, e di conseguenza anche tutto il resto.
Eccoci dunque al punto cruciale della questione: come dice San Paolo, 'se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede'.
Chi non crede nella resurrezione di Cristo dovrebbe chiedersi che cosa ha trasformato Pietro da quell'uomo impaurito che pochi giorni prima aveva rinnegato il suo Maestro, in un testimone dalla fede incrollabile e pronto ad affrontare la morte: lui ha visto la tomba vuota,  le bende, ed il sudario non per terra con le bende, ma arrotolato nel medesimo luogo (lo stesso punto cioè dove era prima quando avvolgeva il capo di Gesù). Se il corpo di Gesù fosse stato portato via, non si capisce perché i trafugatori (che certamente avevano interesse a compiere la loro opera in tutta fretta) avrebbero perso tempo per togliergli le bende, ed in ogni caso mai e poi mai avrebbero potuto lasciare arrotolato ed al suo posto, nella sua posizione originale, il fazzoletto che gli avvolgeva la testa per tenere chiusa la bocca (il sudario): questa circostanza ha scosso Pietro dal suo torpore, gli sono divenuti chiari gli insegnamenti di Gesù Cristo ed infine ha fatto si che egli credesse così fermamente da trasmettere la sua fede a tutti quelli che a suo tempo lo hanno seguito anche nel martirio, e poi a tutte le generazioni che si sono susseguite fino a oggi ed a quelle che verranno fino alla fine dei tempi. 
Solitamente la delusione per la morte di un profeta mette fine al fervore dei suoi seguaci che si ritirano tristi e sconsolati, come era appunto accaduto ai discepoli di Emmaus: suona normale il loro ragionamento « … noi speravamo che fosse lui a liberare Israele …  con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute…»; infatti sembrava che tutto fosse finito ed essi andavano via da Gerusalemme: la tristezza ed un opaco pragmatismo oscuravano il loro sguardo, tanto che camminavano insieme al Risorto senza riconoscerlo  « ma poi, riconosciutolo, si aprirono loro gli occhi … ed essi si dissero l'un l'altro: 'Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?'». Questo fatto ci incoraggia e ci aiuta a ricordare ed a credere che Dio non ci abbandona mai nelle nostre difficoltà e cammina a fianco a noi anche quando ci sentiamo soli e non lo riconosciamo, ascolta le nostre storie personali e ce ne fa capire il significato così che a ripensarci, quando il peggio è ormai passato, ci arde il cuore nel petto. Rincuorati da questa presenza e pronti  ad affrontare qualsiasi avversità, i due discepoli « … partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: 'Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone'.»
E' apparso dunque ai discepoli, che nonostante lo avessero avuto vicino per alcuni anni, ancora non avevano capito chi fosse veramente Gesù e le prime volte che si era manifestato a loro dopo la Resurrezione avevano addirittura avuto paura di Lui, credendo che fosse un fantasma.

Per quelli che rifiutano di  la fede: ' Cristo è apparso ai suoi amici, che avrebbero tutto l'interesse a farci credere alla resurrezione di Gesù anche se non fosse vero: non sono credibili!' Invece è apparso anche al più crudele dei suoi nemici, a quel Paolo di Tarso che perseguitava i seguaci di questa nuova religione: egli credette, e fu in seguito il più fervente, convinto e capace tra tutti gli annunciatori della Buona Novella.
Che non sia cosa semplice per chi non ha vissuto da vicino i fatti accaduti (anzi, abbiamo visto che è stato difficile anche per loro) accettare la resurrezione è facilmente riscontrabile già da subito, e San Paolo ne fa esperienza diretta quando cerca di parlare di Gesù risorto, agli ateniesi…Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: «Ti sentiremo su questo un'altra volta»(Atti 17,32): essi veneravano (oltre ai tanti dei dell'Olimpo) anche un dio sconosciuto, perché avevano paura della “vendetta” di un essere potente di cui avessero eventualmente trascurato di prendere in considerazione le qualità, a patto che si inserisse nel contesto del loro 'sistema' che rispetto agli altri stati vicini era molto avanzato culturalmente e sul piano delle istituzioni sociali e dei centri di aggregazione. Ma la nuova religione era ancora superiore alla loro cultura, perché si basava tra l'altro (oltre che sull'insegnamento diretto di Gesù) sul precetto sabbatico ereditato dagli ebrei (non sono venuto per abolire la legge, ma per completarla) che prevedeva oltre al riposo settimanale dal lavoro, anche un riposo settennale della terra dal suo sfruttamento e la liberazione di schiavi e prigionieri dopo sette anni di servizio: questo istituto si opponeva allo sfruttamento delle classi più povere ed il suo accoglimento doveva portare nei secoli successivi al tracollo economico dell'impero romano, così come ancora più tardi l'abolizione della schiavitù ha messo in crisi l'economia degli stati confederati del sud che hanno lottato contro i nordisti durante la guerra di secessione Americana.

La Pasqua, la Resurrezione, sono il segno che la vita vince la morte, anzi che l'Amore vince la morte: è morto, anzi “E' Risorto!” dice San Pietro, volendo sottolineare che è cosa della massima importanza (anzi la sola cosa che conti veramente) annunziare il fatto che Gesù è risorto, piuttosto che soffermarsi sulla passione e sulla croce.
Il Natale dove facciamo memoria dell’entrata nella storia di chi tutto può ma che per amore tutti e tutto rispetta.
Dio non è l'Assoluto che sta al di fuori del mondo, che lo domina e lo guida senza esserne coinvolto, è invece l'Emmanuele, il Dio-con-noi che condivide la sorte dell'uomo e partecipa al suo destino; Cristo crocifisso è una prova della solidarietà di Dio con l'uomo sofferente.
Dopo averlo crocifisso, gli ebrei gli chiedevano di scendere dalla croce ed avrebbe potuto farlo, ma il fatto che abbia accettato di rimanere fino alla fine gridando addirittura Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ci rivela la Sua condivisione delle nostre sofferenze e delle nostre debolezze. Il miracolo non sarebbe stato se fosse sceso, ma lo è stato per il fatto che è rimasto: se fosse sceso, che cosa avrebbe potuto dire a tutti i crocifissi della storia che non possono scendere, a tutti coloro che gridano e non hanno risposta, a tutti coloro che confidano in Dio e non sono liberati? È rimasto a condividere, ha cancellato la distanza e nello stesso tempo ci ha insegnato a confidare nonostante tutto. Se è il figlio di Dio lo liberi ora, gridavano sul Golgota: la differenza tra chi crede e chi è scettico sta in questo 'ora'. Vorremmo imporre a Dio l'ora della liberazione, della fine di tutti i mali e delle sofferenze: il figlio di Dio è modello a tutti i giusti sconfitti e lascia a Lui decidere l'ora, ma sa che lo libererà, e questa fede nel Padre lo ha portato alla vittoria sulla morte.

m.z.

domenica 5 dicembre 2010

Qualche istante in allegria

Qualche istante in allegria

Una coppia decide di passare le ferie in  una spiaggia dei Caraibi, nello stesso hotel dove passarono la luna di miele 20 anni prima.
Non potendo la moglie accompagnare subito il marito x problemi di lavoro, decidono di comune accordo,  che lei l'avrebbe raggiunto alcuni giorni dopo.
Quando l'uomo arriva, entra nella camera dell'hotel e vede che c'è un computer con l'accesso ad internet.
Decide allora di inviare una e-mail a sua moglie, ma sbaglia a digitare una lettera dell'indirizzo e, senza accorgersene,  invia l'e. mail ad un altro indirizzo.
La e-mail viene ricevuta da una vedova affranta che stava rientrando dal funerale dell'amato marito.Visto il computer acceso decide di  controllare i messaggi ricevuti.
 Poco dopo anche il figlio della vedova, rientra a casa dal funerale e vede la madre svenuta davanti al computer, sul video acceso vede l' e-mail che lei stava leggendo:
Cara sposa, sono arrivato.  Tutto bene.
Probabilmente ti sorprenderai di ricevere mie notizie per e-mail, ma adesso anche quì hanno il computer ed è possibile inviare messaggi alle persone care.
Appena arrivato mi sono assicurato che fosse tutto a posto anche per te quando arriverai lunedì prossimo...°°°...
Ho molto desiderio di rivederti e spero che il tuo viaggio sia tranquillo, come lo è stato il mio.
N.B. Non portare molti vestiti, quì fa un caldo infernale!!!