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venerdì 30 luglio 2010

In Italia la crisi si supera se le Pmi restano tali

Opinioni  


In Italia la crisi si supera se le Pmi restano tali
Per Paolo Preti, docente Sda Bocconi ed esperto di piccole e medie imprese, il modello di sviluppo italiano non va toccato.
  

16 Marzo 2010

«Quando il bicchiere della realtà è pieno a metà i presupposti perché la situazione sia interpretabile da chi la osserva ci sono tutti». Per Paolo Preti, che ha scelto di applicare la figura retorica della metafora alla nostra economia, non ci sono dubbi: “In Italia il bicchiere
è mezzo pien.”

E a sostegno di quanto detto, il docente Sda Bocconi ed esperto di piccole e medie imprese, non smentisce uno a uno solo i titoli pubblicati fino a poco tempo fa sul
Financial Times, in merito a un'Italia «superata da Paesi come Spagna e Grecia o in posizione sfavorevole rispetto a un'Inghilterra regina della finanza», ma riporta l'attenzione su un Paese, il nostro, secondo in Europa solo alla Germania in termini di esportazioni.
«
Esportazioni che sono senz'altro diminuite nel quadro del commercio internazionale colpito da una crisi che, però, sarà meglio ricordare - puntualizza Preti - dura soltanto da un anno e che proprio per questo non può essere definita come la più grave dopo quella del 1929».


D'altra parte, quanto detto, appare ragionevole. Guardando fuori dalla finestra di casa o dell'ufficio, qualcuno in coscienza può davvero dire che si sta riproponendo la stessa povertà reale fotografata nella New York di 81 anni fa? «
Questo badate bene - si affretta a precisare Preti - non vuol dire che da noi non ci sia la crisi, ma per nostra grande fortuna e merito la situazione che stiamo vivendo non sta cambiando radicalmente le nostre abitudini». Anche guardando ai risultati del turismo, è l'ulteriore riflessione del docente, gli italiani continuano a spendere i propri soldi.

«
Certo ne hanno meno di prima ma nel nostro Paese, nonostante ci abbiano sempre detto che si trattava di parametri indicanti una certa arretratezza, la penetrazione delle carte di credito è senz'altro inferiore e chi si reca in banca per chiedere un mutuo lo fa solitamente fornendo almeno la metà della cifra che sa di dover mettere».

Ecco che allora, nel monologo messo in piedi da Preti nel corso di un incontro svoltosi recentemente a Milano in seno a un convegno promosso da Anima, il ruolo delle associazioni di settore dovrebbe proprio essere quello di conoscere le aziende alle quali ci si rivolge.

«
Lungo tutta la Penisola - sostiene - le Pmi non sono affatto al capolinea e, a mio parere, per uscire dalla crisi non c'è cosa migliore che rimanere fermi su un modello di sviluppo che, per primo, il nostro Paese ha messo in piedi ponendosi inconsapevolmente in antitesi rispetto a chi si ostina a chiedere ai nostri imprenditori di crescere aggregandosi con altre realtà e di mettersi da parte per lasciare la guida di quel che hanno creato a qualche giovane manager».
Il riferimento è al progetto T-holding espresso a fine mandato dall'allora presidente nazionale della Piccola Industria di Confindustria, Giovanni Morandini, «che - a parere di Preti - ha espresso un'idea corretta, quella di diventar grandi, sbagliando però il metodo».

Da preservare sarebbe dunque un modello basato su quattro fattori che parlano di realtà di dimensioni medio-piccole, fortemente orientate al manifatturiero, di proprietà famigliare e con un forte accento imprenditoriale. Le stesse che, per Preti, devono però «
rimanere ferme per cambiare tutto». Come? Prendendo atto, per prima cosa, «che non si può più fare del costo la propria leva strategica. Ogni imprenditore - sentenzia il docente universitario -  deve puntare a recuperare efficienza senza smettere di investire ma innovando e producendo soluzioni di qualità che siano supportate da servizi. Il tutto rispecchiando le proprie vocazioni e scegliendo la strada della specializzazione perché le nostre non sono, e non devono essere, imprese per tutte le stagioni».

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