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lunedì 30 agosto 2010

Di streghe si è sempre parlato, e la credenza che vi siano persone che abbiano delle strane facoltà fa parte della nostra storia. Per i greci erano Medea, Circe, le donne tessale e traci, per i Romani l’oraziana Canidia. E proprio i romani consideravano esperti in stregoneria gli Etruschi, i Marsi, i Sabini, i Peligni. All’inizio del secondo millennio a.C., il codice di Hammurabi prescrive che se un uomo ha accusato qualcuno di stregoneria e non l’ha provato, l’accusato deve assolutamente immergersi nell’acqua sacra del fiume e se il fiume dove si è bagnato lo trascina con se, l’accusatore può occupare e impossessarsi della casa. L’atteggiamento verso la stregoneria, del potere pubblico, per molto tempo continua ad essere quello prescritto nel codice. Ma il problema che perseguì nel tempo è che le pratiche magiche vennero sempre punite senza distinzione, incriminando quindi sia la magia salutare, che quella cosiddetta nera. Questo perché il mago benefico, che poteva tranquillamente svolgere le sue mansioni, era potenzialmente uno stregone, e spesso veniva scambiato per un personaggio malefico e quindi punibile con la morte. 
La chiesa primitiva condannò, seguendo le impronte della Bibbia, la stregoneria identificando gli spiriti maligni con le divinità pagane. L’accusa di magia fu del resto in ogni tempo, un comodo strumento nelle mani dei potenti per liberarsi dai nemici e di quelle persone, chiamiamole così “scomode” per un popolo. Il numero delle vittime delle persecuzioni non si può stabilire, come i processi e le confessioni per potersi scagionare da queste ingiurie. Le torture e i roghi si diffusero per tutta Europa, fino al ‘700 dove ancora vennero esercitati processi contro gesuiti e donne isteriche e nevrotiche. 
In ogni tempo l'ignoranza è sempre stata il peggior male per l'umanità.

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