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lunedì 30 agosto 2010

Gli antichi mestieri



Gli antichi mestieri
La scomparsa di tanti mestieri, relegati ormai soltanto nella memoria, costituisce una perdita, dal momento che si pone l'esigenza di conservare la memoria storica per comprendere il nostro presente.
Artigianato e città: un binomio indissolubile per molti secoli, fin da quando nel tardo Medio Evo, la rinascita dei centri urbani fu segnata e promossa proprio dalle botteghe artigianali impegnate nella lavorazione del ferro, dei tessuti, delle ceramiche, etc.



Una storia, questa, che ha vissuto momenti molto alti in tante città italiane vedendo arti, mestieri e corporazioni assurgere anche a ruolo di ceto dirigente.
Purtroppo la novità di questi ultimi cinquant'anni è stata la rottura di questo rapporto, l'uscita se non addirittura l'espulsione dai centri storici di tante piccole attività produttive, la perdita di un patrimonio prezioso di professionalità e di esperienza.
Ma a scomparire non sono solo tanti protagonisti di antiche botteghe, è anche una certa qualità della vita nei centri storici. Spesso ridotti a grandi agglomerati per cittadini extracomunitari  o per le fascie più disagiate della società, che attratti dai costi contenuti, trasformano,   loro malgrado, case piene di storia cittadina in dormitori dove la qualità della vita diventa sempre più complicata per la mancanza di una serie di servizi.
Proprio per cercare di invertire questa tendenza si è costituita, un movimento di pensiero per iniziativa quasi spontanea, con l'obiettivo di dar voce e rappresentanza alle botteghe artigiane che, pur tra mille difficoltà, continuano a vivere nel centro storico.
Favorendo e privilegiando con appositi investimenti il reintegro di  queste botteghe, si potrà non solo trovare una risposta a tante esigenze della vita quotidiana, ma anche apprezzare la qualità, la maestria, il gusto raffinato di oggetti, prodotti e servizi realizzati con grande professionalità, unito al recupero storico abitativo delle nostre città.


Gli ombrellai, tipica categoria di artigiani, riparavano ombrelli sostituendo bacchette rotte e manici spezzati, eseguendo anche rattoppi alla stoffa. Gli ombrellai giravano soprattutto nelle giornate piovose, eseguendo il loro lavoro dinanzi alle case dei richiedenti annunciandosi con strilli cadenziati che specificavano il loro arrivo e il servizio reso.

Altra categoria erano 
gli arrotini, artigiani che giravano per le vie del paese annunciando il loro passaggio con un grido.
 Dotati di una mola smeriglio, il cui moto rotatorio era determinato da un pedale che azionava una grossa ruota di legno che trasmetteva il movimento all'intero congegno. Oggi l'arrotino esiste ancora ma dispone di mezzi più moderni, anche se la struttura fondamentale del congegno è identica alla precedente e generalmente svolge la sua attività nel retro dei negozi di casalinghi.

Un altro mestiere quasi del tutto scomparso è quello del
la sartina. Favorito dallo sviluppo dell'industria tessile che consentì l'apertura di numerose botteghe per la vendita al dettaglio di tessuti e filati di vario genere, incoraggiando l'arte della sartoria e dando lavoro a sarti e sartine, che spesso svolgevano la loro attività all'interno della loro abitazione.

Anche 
gli accalappiacani facevano parte della schiera degli artigiani del tempo. All'epoca i cani erano numerosi, poiché ogni agricoltore si cresceva l'animale fedele per custodire il cascinale, la stalla o la casa e spesso quando non gli serviva più l'abbandonava per strada.
L'accalappiacani, dipendente comunale, prelevava i cani abbandonati portandoli in un luogo di raccolta, ove sostavano per alcuni giorni per dare l'opportunità ad eventuali padroni di richiederne il riscatto. In mancanza di ritiro la sorte di quelle bestie era segnata.

Un altro personaggio che si aggirava per le vie della città era 
il banditore, utilizzato per comunicare ai cittadini disposizioni dell'Amministrazione comunale, della Chiesa o avvisi di privati cittadini.
Per gli annunci ufficiali del Comune, il banditore era preceduto dal rullio del tamburo. Per gli annunci della Chiesa, invece del tamburo, veniva suonato un grosso campanello, mentre gli annunci privati erano preavvertiti dal suono della trombetta. Ovviamente gli annunci erano fatti in gergo dialettale ed il passaparola era molto efficiente. Oggi il sistema di comunicazione è notevolmente cambiato: il banditore è stato sostituito da sms, volantinaggio, mail, pubblicità.

Altri artigiani considerati di categoria più elevata erano i barbieri, i cui saloni nel passato non erano molto affollati, poiché i clienti andavano a farsi radere una volta o due alla settimana, preferibilmente il sabato e la domenica. Molti si facevano crescere anche i baffi, ad eccezione dei sacerdoti che si radevano anche i baffi, consuetudine che si diffuse anche tra il laicato, specie dopo la prima guerra mondiale per imitazione degli emigrati americani che importavano quella moda da oltre oceano.
I barbieri oltre che di barba e capelli si occupavano anche di altre attività soprattutto sanitarie, come cavare denti o applicare sanguisughe (che in tempi andati si utilizzavano per far succhiare sangue agli ipertesi). I saloni del tempo erano anche scuole per strumenti a corda. Infatti, la tradizione vuole che il barbiere avesse una vocazione innata per la musica, privilegiando quella operistica. Forse ispirati dal più famoso "Barbiere di Siviglia", per cui impartiva lezioni di chitarra e mandolino, soprattutto per i giovani che andavano a trascorrere il tempo libero. I barbieri, inoltre, essendo buoni suonatori, erano chiamati ad allietare ospiti ed invitati, in occasione di feste o matrimoni, che allora si svolgevano rigorosamente in casa.

Concludendo, i mestieri scomparsi sono più numerosi di quel che si crede, ne ricordo qualche altro: il calzolaio, il cestaio, il maniscalco, il carbonaio, lo stagnino, ecc. Per non parlare dei mestieri legati alla civiltà contadina per i quali sarebbe utile, prima che scompaiano del tutto, allestire qualche museo che ne conservi la memoria.

 


  

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