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venerdì 10 settembre 2010

Fraternità & Condivisione




La Solidarietà 

Per molto tempo ritenuta impegno e concetto da demandarsi alle strutture sociali o religiose, la solidarietà è stata vissuta, concepita e confinata in preposte che, in quanto tali, finivano per esprimesi con “parole ed impegni che si assolvevano come donazione in denaro ” La nozione di solidarietà o di fraternità si è sviluppata con il concilio Vaticano II in interrogativo/impegno primario che diventa oggetto di continue riflessioni collettive. Anche se, ad onor del vero, nel passato in momenti simili all’attuale si sono sviluppate ed hanno preso corpo realtà di mutua assistenza  sia di ispirazione laica, sia di ispirazione religiosa
Proposte e politiche concrete inerenti la solidarietà o la fraternità nell’attuale congiuntura storica/culturale segnata, come è noto, dalla crisi economica globale, nonché da una più profonda crisi di identità collettiva ed individuale di cui, secondo molti, sono affette le odierne società occidentali, trovano una sempre maggiore difficoltà di attuazione in quanto sono scavalcate da difficoltà ritenute primarie per lo sviluppo economico e per il buon funzionamento dell’apparato pubblico.   
A fronte degli evidenti insuccessi mietuti da una diffusa ideologia economicistica, si avverte più che mai l’esigenza di promuovere iniziative politiche che, con la partecipazione di diversi soggetti pubblici e privati, riducano e prevengano la povertà (assoluta e relativa) e il disagio (non solo economico) che colpiscono le fasce più fragili e meno tutelate della popolazione locale e non solo di quella legata ai flussi migratori.
L’obiettivo dichiarato è di “fare emergere i bisogni sociali prima che diventino emergenze sociali”
Innanzitutto occorre fotografare la realtà in questione nel modo più accurato possibile. Chi e quante sono le persone povere che hanno diritto ad aiuti, assistenza ai vari livelli o agevolazioni? Come le si può raggiungere? Gli indicatori di situazione economica attualmente in vigore sono perfezionabili (si discute dell’efficacia o meno del sistema ISEE), ma simili meccanismi di rilievo sono in ogni caso sufficienti per gettare luce sui “coni d’ombra”, ossia sulle aree di povertà che sfuggono alla conoscenza delle istituzioni pubbliche.
E’ auspicabile pertanto un potenziamento della rete capillare di sussidiarietà territoriali, che in Italia è sostenuta dalle comunità locali, da numerose organizzazioni no profit, nonché dalle diocesi, dalle parrocchie, da diversi istituti o movimenti religiosi e laici. Inoltre, il continuo monitoraggio, la ricerca della realtà tangibile che ci circonda, offre come risultato la possibilità di vagliare, di elaborare e di sintetizzare il sapere raccolto calandolo nelle esigenze specifiche del territorio di conoscenza e di appartenenza, elaborando politiche e risposte adeguate ai bisogni primari e secondari in perenne trasformazione.
Quale ruolo spetti allo stato nell’ottica di un auspicato rinnovamento del sistema del welfare è argomento di dibattito. Quale ruolo spetti ad ogni singolo individuo che si professa cristiano diventa un’esigenza primaria di risposta al nostro Credo ed un perenne interrogativo alla nostra coscienza. 
Inutile ricordare le continue sottolineature che si impongono alla nostra attenzione ed alla nostra coscienza emergenti come richiami ed “analisi della propria autenticità di credenti” dalle scritture, dalla dottrina della chiesa, dalla nostra professione/adesione quotidiana di figli del Padre celeste, di fratelli per mezzo dello Spirito in Cristo. 
Nell’ apparato “stato” vi è chi valuta positivamente l’impostazione attuale del welfare italiano, fondato su un’efficace combinazione di pubblico, privato e “terzo settore” (INPS, pensioni di invalidità, Chiesa, volontariato, fondazioni…), e propone pertanto riforme che affidino allo stato la mansione, oltre e più che di erogatore delle risorse pubbliche, di coordinatore strategico delle iniziative promosse da altri soggetti.
Ma a prescindere da quanto si possa strutturare o stabilire a mezzo decreti o interventi pubblici, il cristiano in quanto tale, non potrà mai demandare ad altri o sentirsi assolto dal compito di farsi carico del proprio “fratello”
m.z.

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