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mercoledì 22 settembre 2010

Le nuove povertà della nostra società



Purtroppo la vita degli anziani, sovente si riduce quando non si limita del tutto, a poche, minime attività prive di contenuto sociale, la cui validità e importanza non trova  riscontro nella fascia più ampia della società moderna dei giovani, degli adulti, di quella fascia della popolazione definita socialmente attiva. 
Spesso la figura dei “nonni” non più valorizzata come memoria storica e esperienza del vissuto, a volte si svilisce perdendo la ricchezza di un tempo, limitandosi in alcuni casi ad assumere, nel nucleo famigliare attivo, il semplice ruolo di collaboratore.
 Sovente, la collaborazione loro richiesta, quando nelle famiglie moderne sono presenti bambini in età scolare, si limita o si esaurisce nell’accompagnare i nipoti alle varie attività sportive da loro svolte nella fascia pomeridiana della giornata, in quanto entrambi i genitori sono impegnati con il loro lavoro.
Di fatto tutta questa libertà di tempo libero dell’anziano, quando non è occupato da impegni come sopra accennato o similari, si traduce sempre più spesso in un tempo di forzata inattività, causa di emarginazione sociale e di solitudine.  
Solitudine che inevitabilmente fa da corollario a tutta una serie di eventi che possono essere: la vedovanza, come la fine dell’attività lavorativa, la mancanza di autonomia o la lontananza dei figli che può essere geografica, ma anche più semplicemente affettiva.
La solitudine dell’anziano non può però considerarsi la condizione o lo stato di chi vive da solo o appartato.
Questa prima situazione di isolamento è vissuta da chi decide spontaneamente o è costretto da ragioni esterne, a vivere isolato, appartato dagli altri, ma non per questo escluso dal consorzio sociale e quindi privo di affetti, incontri  o amicizie.
La solitudine  dell'anziano è invece la solitudine propria di chi si sente solo.  Questa seconda forma di solitudine, "accade a chi non sceglie di vivere isolato ed appartato”,  ma subisce  queta realtà passivamentetale, in quanto tale condizione gli è imposta suo malgrado dagli organismi sociali, economici, affettivi e culturali della società moderna.
A conclusione di quanto sopra brevemente accennato, è possibile dire che la solitudine è una povertà che sempre più affligge le persone anziane e in quanto tale ( la povertà), va compresa e combattuta con quello spirito cristiano che impone la valorizzazione di ogni persona in quanto figlio di Dio e nostro fratello in Cristo.
Pensavo che sia d’obbligo, al di là della semplice riflessione, ricercare soluzioni di semplice attuazione e di possibile coinvolgimento comune, capaci di proporsi come soluzione o attenuazione del problema sopra esposto.
Una tra le tante possibili potrebbe essere quella di creare un centro di aggregamento  stabile (nei locali parrocchiali), dove volontari (adulti e possibilmente ragazzi), offrano un tempo di dialogo capace di superare gli schemi della semplice convenzione, innescando l’interdipendenza reciproca.
Questo poi potrebbe  sfociare in un momento comune durante la settimana, momento in cui gli anziani insegnano ai giovani ricette e specialità gastronomiche e i giovani le realizzarono, consumando poi il tutto insieme ed in allegria.     
                                                                                                                   m.z.

1 commento:

  1. Dove abito ci sono diversi centri per anziani. I nonni vanno valorizzati, non dimeicati, sono tesori preziosi!

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