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martedì 7 settembre 2010

Bisogna sempre rispondere alle domande dei figli con chiarezza e precisione.










































 Papà perché gli uomini hanno diversi colori della pelle?

Vedi figliolo, Dio dopo aver creato i prototipi Adamo ed Eva, essendo Dio e in quanto tale, capì sin da subito che era meglio arrangiarsi che avere a che fare con le donne.(Eva l'aveva creata Lui e sin da subito aveva ben capito con chi aveva a che fare)
Essendo però anche Lui (il buon Dio)alle prime armi in cucina, dopo aver impastato con la terra argillosa l’uomo dovette cuocerlo dentro il forno, inoltre siccome lui (il buon Dio ) era abituato all’eternità e non aveva il contaminuti che ti avvisa quando sta per scadere il tempo di cottura, si arrangiava dando ogni tanto una sbirciatina, quindi un po’ inesperto, fece diversi tentativi.
Il primo gli riuscì poco cotto e molto chiaro, allora lo mise nei poli al fresco perché non si rovinasse, pensando di riprendere eventualmente la cottura in un secondo momento.
Il secondo gli riuscì un po’ giallognolo, con gli occhi bislacchi, per consolarsi il buon Dio pensò: “Tanto vedrai che questi non si moltiplicheranno, con quegli occhi figurati se trovano una compagna.“
 Al terzo tentativo però si impegno al massimo, seguendo attentamente le fasi di cottura e le indicazioni di massima che gli aveva fornito un suo caro amico un certo Supermario52.
 Dunque,come dicevamo il terzo tentativo gli riuscì un po’ più chiaro rispetto al colorito un po’ olivastro di Adamo e la cosa gli piacque tanto da decidere di iniziare la produzione in scala industriale, approfittando dell’assenza dei sindacati ed evitando in tal senso tutti i problemi che costoro avrebbero creato. ( soprattutto quelli della Cgil.)
Intanto Eva, la prima donna frutto dei prototipi iniziali, non finiva mai di “rompere” le scatole a chiunque incontrasse e siccome Dio l’aveva creata, se ne sentiva un po’responsabile ed in colpa nei confronti di Adamo, siccome ad onor del vero le genti erano poche e così Eva finiva per rompere le scatole sempre agli stessi, il Buon Dio ogni tanto la invitava a trascorrere un po’ di eternità con lui.
Eva come arrivava nella casa del buon Dio iniziava subito a parlare ed a criticare o il colore delle nuvole, o le onde del mare, o l’intensità del vento, o come era fatto quello o quell’altro animale, sino a che, sull’orlo di una crisi, il buon Dio per non fulminarla la rimandava da Adamo.
Un giorno mentre il buon Dio proseguiva i suoi esperimenti di cottura, arrivò Eva piangendo ed urlando; aveva per l’ennesima volta bisticciato con Adamo, pare per via di una mela.
Sulle prime Dio non ci diede peso (anche perché sapendo quanto era pesante da sopportare) tra strilli, singhiozzi, sbiascicamenti vari non riusciva molto ad inquadrare il problema, ma per non essere scortese, essendo il buon Dio, stava comunque ad ascoltala dimenticandosi così della creatura che aveva in fase di cottura.
Ad un certo punto vide uscire del fumo, precipitosamente sforno la creatura evidentemente stracotta, con un colorito nerastro ed i capelli tutti arricciati e fumanti. Vide però che nonostante tutto aveva il suo fascino, sopratutto se mischiata con tutto quel bianco finora sfornato, a suo divino giudizio stava bene e come si suol dire “spezzava un po’ “ interrompendo piacevolmente tutta quella precedente monotonia cromatica.
Questa è l’origine delle razze e dei coloriti della pelle come appare dai racconti dei libri della proto genesi  scoperti nelle grotte di “Aminunsodovesia” e tradotti dal famoso esegeta analfabeta  m.zzz.52

Papà perché alcune persone sono citrulle?

Ricordi come inizio la creazione degli uomini?
Bene, devi sapere che dopo la cottura il buon Dio metteva le creature nei magazzini a raffreddarsi,  questo in attesa di completare l’opera, dando loro successivamente anche il cervello con cui poter ragionare.
Questo benedetto cervello era una specie di sale, ( ancora oggi si dice sale in zucca come sinonimo del cervello), ma siccome nessuno aveva ancora inventato la bilancia ( essendo il buon Dio il solo a lavorare perché Adamo si trastullava con i suoi hobby ed Eva criticava ogni cosa e quindi era meglio non chiedere la sua collaborazione ) le dosi  del succitato cervello variavano a seconda delle manciate prese e introdotte in ciascuna creatura.
Il tutto però filava liscio, tranne i pochi momenti in cui Eva, ospite del buon Dio, iniziava a sentenziare sull’aspetto fisico delle creature: “ questo gli hai fatto il naso storto, a questo i piedi piatti, a questo gli occhi storti, questo è troppo basso, questo troppo alto “ così il buon Dio preso dallo sconforto, tentava di porre rimedio alle critiche di Eva recampando la scusa che doveva assentarsi per motivi personali o perché doveva urgentemente presiedere riunioni varie.
 In realtà il buon Dio si nascondeva dietro un cespuglio e quando, finalmente certo che Eva fosse andata via, rientrava nel magazzino di stoccaggio delle creature per riprendere il suo lavoro.
Purtroppo essendo il buon Dio andato via precipitosamente, e  siccome non esistendo ancora matite, nastri o armamentari vari, ( pare che nessuno le avesse ancora inventate) e  dato che quasi sempre per la fretta il buon Dio si scordava di mettere il segno alla creatura a cui aveva dato l’ultima manciata di cervello, capitava sovente che alcuni ne rimanessero senza e altri ne ricevessero una doppia razione.
Se poi a questo aggiungiamo il fatto di essere alle prime armi, il fatto che il sale secondo la provenienza è soggetto ora come allora a numerose e differenti variazioni, il fatto che la stanchezza ed altri fattori tipici del lavoro “ in catena di montaggio” possono giocare brutti scherzi,  inoltre, il fatto che la materia prima usata era priva di controlli e….non trascuriamo che come puoi ben capire sia mutevole un materiale come il sale, difficile il suo stato di conservazione, soprattutto se subentrano fattori dovuti allo stoccaggio precario, e tutte le diverse varianti climatiche che inevitabilmente lo modificano se non sigillato,  possiamo anche ammettere che al duon Dio una  creatura riuscisse citrulla ed un'altra un pò meno, altre saggie ed altre per così dire normali, ma di questo parleremo in un altro capitolo.

Papà perche esiste il freddo?

Vedi figliolo il buon Dio aveva inventato e prodotto un fracco di piante, soprattutto perché ogni volta voleva realizzare qualcosa di diverso e di carino  (sai come sono  gli artisti ) o perché a volte interrotto dalla solita Eva, iniziava con un idea e finiva con realizzarne un’altra.
Ma per ritornare a noi, crea piante oggi, creane domani, il buon Dio si rese conto che involontariamente si era dato la classica zappa sui piedi da solo.
Le piante erano ornamentali e purificavano l’aria, ma bisognava innaffiarle, concimarle, disinfestarle, potarle e quante altre cose ancora.
Sì che chi doveva svolgere tutte queste operazioni era il buon Dio, ma anche lui si rese presto conto che da solo avrebbe rischiato lo sfinimento. 
Inutile e impensabile chiedere aiuto ad Adamo, troppo impegnato a dare il nome agli animali e a modificarlo subito dopo perché ogni volta piagnucolando, la  solita Eva facendo l’offesa perché esclusa dal compito, rimarcava che il nome era insignificante, troppo corto, troppo lungo, che nessuno sarebbe stato capace di ricordarselo, ripetendo all’infinito con la solita cantilena  ” Ornitorinco, Armadillo, Upupa, come sei scarso Adamo ) .... 
Allora il buon Dio ebbe un’idea “ quasi, quasi disse ridacchiando tra se e se essendo solo”, mi invento la pioggia ed evito di doverle innaffiare tutte le sere, poi mi invento il vento e risolvo il problema delle foglie e dei semi, poi siccome incominciano ad essere troppi e sparsi un po’ dovunque, mi invento il fuoco per eliminare tutti i cumuli di foglie e le cataste di rami secchi che esteticamente mi rovinano il “giardino terreste”.
Così il buon Dio passò dall’idea ai fatti, ma indovina chi ebbe da ridire e criticare sul tutto?
La solita Eva, la quale ospite del buon Dio incominciò: “ non per criticare ma credimi, era meglio quando senza vento potevo tranquillamente pettinarmi senza essere spettinata da questa strana tua invenzione e poi che dire dell’acqua che cade dalle nuvole, avevi già inventato i mari,oceani, i fiumi e ruscelli, le paludi e gli stagni, i laghi e le  risorgive, secondo me tutta quest’acqua finirà per darci dei problemi oltre che reumatismi e accidenti vari, però sai sei tu il capo e i vice quel serafico di Adamo e ma me, non si chiede mai un parere”….. 
“ Ma una cosa che proprio non capisco, caro buon Dio, è quella strana invenzione che brucia, fa fumo e riscalda terribilmente l’aria, non credi che faccia già abbastanza caldo, non vedi che giriamo mezzi nudi, non pensi che tutto quel calore possa creare problemi all’ozono, non ci pensi alle critiche degli ecologisti?“.
Il buon Dio non replicò, ma si rese conto che era meglio fare qualcosa, per evitare innanzitutto, ulteriori critiche e suggerimenti da parte di Eva.
E siccome (sempre il buon Dio) preferiva la rapidità alla sperimentazione, ma a risoprattutto perché, detto e fatto, evitava consigli, suggerimenti, e intromissioni di sorta non gradite e non richiesti da parte di chi ben sappiamo, invento il freddo ovviando in parte alle lamentele sopra citate.

Così gli uomini che prima vivevano in un’eterna primavera conobbero le stagioni e dovettero vestirsi ed accendere il fuoco nei camini, per mitigare il freddo inventato dal buon Dio per zittire la solita Eva.


















Papà è vera la storia di Caino e Abele?


E sì, come ben saprai Adamo ed Eva ebbero due figli i quali, da subito, vollero andare a vivere da soli ( alcuni dicono per non sopportare le mille intrusioni verbali della loro mamma, altri perché lo spazio in casa era poco e ogni mattina bisognava fare la coda per andare in bagno, fare la colazione, potersi vestire ecc. ecc).
Tutto questo accadde dopo il famoso guazzabuglio creato da un certo sig. De Serpentis, dalla solita Eva e dall’inevitabile ingiunzione di sfratto per fine locazione ricevuta quando, i nostri  prototipi, abitavano ancora nella villetta con giardino di proprietà del buon Dio.    
Ma per non divagare e tornado ai due rampolli: Caino si occupava di agricoltura, Abele di pastorizia.
Tutti e due facevano offerte al Signore per vedere se li riprendeva nuovamente in casa con Lui nel mitico “paradiso Terreste”, ma sembra che Lui ( il buon Dio) non ne fosse almeno nell’immediato molto propenso, inoltre pare che il buon Dio preferisse lasciarli vivere da soli.  E reinoltre si mormorava, tornando al tema dei sacrifici, che il buon Dio avesse un debole per le bistecche e gli abbacchi e non per verdure e insalate (e questo contraddice un po' quei rompini dei vegetariani per cui ( chi non mangia carne è più buono di chi la mangia ), quindi (tornando alle preferenze alimentari del buon Dio) egli vedeva e chiacchierava più volentieri con Abele, piuttosto che con Caino, non perché quest’ultimo fosse zotico, burbero o quant’altro, ma per via delle offerte ricevute.
Fatto sta che Caino il contadino vegetariano, roso dall'invidia, commise una brutta azione nei confronti del fratello pastore e carnivoro, ( primo caso di spietata competizione tra professioni senza lo schieramento di sigle sindacali ).
Penso però all’enorme fatica lavorativa di Caino senza la moderna tecnologia ad arare, dissodare, seminare per raccogliere in successione dopo le intemperie, dopo gli uccelli, dopo i parassiti, dopo… dopo… le rimanenti e misere quattro foglie di lattuga o di verdure varie e magari mangiarle, alla fine della faticosa giornata nei campi all’aperto, con la schiena dolorante, scondite e senza sale, sino a saziarsi . (capirai che gioia e che soddisfazione). Ma solo per spirito di precisazione: pare che alcuni siano ancora oggi convinti che il lavoro nobiliti l'uomo... almeno così dicono.
Tornado alle giornate lavorative deinostri due eroi, e rammentandosi delle offerte fatte da Caino, tutto questo a differenza del serafico Abele il quale, ogni giorno, si arrostiva un cosciotto o qualche costoletta, dopo avere per tutto l’orario lavorativo suonato il flauto, ben riposato e guardando, seduto all’ombra del suo albero preferito(capirai che fatica), pecore e agnelli che pascolavano da soli e in ultimo, prendendosi anche le lodi del buon Dio al quale offriva bistecche e come si soul dire, “ogni ben di Dio” cotto per giunta alla brace.
Buon Dio che poi con la pancia piena era logico che potesse non gradiva i sacrifici di Caino il vegetariano.(per forza, fai mangiare un cespo di insalata scondita ad uno che si è strafogato di carne alla brace, ti dirà senz’altro che non la gradisce o che è già sazio  o inventerà per non essere scortese un’altra scusa; ma fai mangiare come unico cibo l’insalata a uno che dopo una giornata di lavoro nei campi ha la pancia vuota,  senz’altro dirà, anche se incavolato nero che è buonissima !!!!)
D’accordo che a quei tempi non esistevano i sindacati e soprattutto quelli della Cgil non si erano ancora attrezzati, sennò sai che causa di lavoro Caino poteva intentare al  bon Dio, perché a tutto c’è un limite.
Comunque, l’ingiustizia  ( anche se non opera del buon Dio) è da sempre esistita e da sempre,” chi non fa una mazza se la passa meglio di chi si spacca la schiena lavorando”.
Questo però non giustifica che per aver ragione si debba usare la violenza o che, imponendo la tua ragione con ogni mezzo tu sia dalla parte del giusto, tantomeno quando così facendo metti fine alla vita della tua controparte.
Questa è una triste storia e siccome non vogliamo rattristarci userò un altro esempio per spiegarti il mio pensiero.
                                                        
            
Quando gli uomini portavano sulla testa il cappello.

Oltre ai capelli questo capo serviva per preservare il cervello da improvvisi e repentini sbalzi termici, ( ricordi la storia del sale e tutte le problematiche ad essa connesse?) Bene sappi che da sempre in circolazione oltre agli schizzati di nascita, si poteva anche allora incontrare persone sagge.
P.S. ( un nostro comune amico che tu ben conosci non ha né cappello né capelli, traine le debite conclusioni) ma tornando ai saggi:
Uno di questi saggi un certo m.zzz. 52 vissuto circa 120 / 160 anni prima di Cristo, e pare tutt’oggi ancora in circolazione, un giorno incontrò un bifolco che malmenava brutalmente il suo asino carico fino all’inverosimile.
Mosso a compassione per l’animale a quattro zampe che per la magrezza sembrava una fisarmonica ambulante, chiese a quello a due zampe: “Perché picchi con tanta foga la bestia che ogni giorno condivide con te e non per sua scelta, la fatica”?
“Perché questo animale non capisce che deve andare avanti e non fermarsi ogni giorno a metà salita” rispose l’ignorante bipede.
A me sembra, riprese il saggio, che a non voler capire sia tu e non la povera bestia che a quanto posso capire cerca solo di riprendere fiato perché stremata dalla fame, dalla sete e dalla fatica, oltre che dalle vergate ricevute.
Ma il bifolco, convinto e livido dalla rabbia per essere stato contraddetto ribatté: “E’ lui che non capisce e non vuol capire nonostante le botte, i pasti saltati che, prima finiamo prima ci riposiamo.”  Questo disse quasi a giustificare il suo gesto, avendo intuito anche se, solo vagamente, che si era dimostrato più asino lui del suo animale, e di essere finito con il suo comportamento e modo di ragionare dalla parte del torto.
Il saggio mzzz.52 spiazzando il bifolco riprese “ Se è così fai come credi, spera solo che a forza di pigliar botte e saltar pasti, il tuo buon somaro non finisca per sfinirsi e diventare più debole e incapace di faticare con te”.
Siccome i saggi non facevano praticamente niente e nel farlo si facevano sempre aiutare da qualche discepolo, il discepolo mentre si allontanavano disse: “ mi fa stano maestro, forse non avevi abbastanza argomentazioni con cui ribattere al bifolco visto che, altre volte e per cose molto meno importanti hai messo in campo tutta la tua conoscenza, retorica e dialettica, sino a convincere i tuoi occasionali interlocutori delle tue tesi”?
Ed il saggio fissando bonariamente il discepolo disse: “ Si può argomentare con chi la pensa diversamente da te, si può discutere con chi per non conoscenza o per errore sbaglia, ma è impossibile parlare con chi non potrà mai capire perché privo dell’organo preposto a farlo, privo cioè di quel famoso sale che il buon Dio distribuiva a tutti o quasi. “( e la colpa del quasi sai bene a chi si deve imputare ). 
“Se quel povero animale dovesse morire per le botte, le ferite e la scarsità di cibo che ogni giorno riceve, tutta la fatica ricadrebbe sul somaro a due zampe, che non ha altra argomentazione per dialogare con chi gratuitamente ogni giorno condivide la fatica con lui, che insensatamente picchiare chi non può o non vuole difendersi e a differenza di lui, ha capito che non può far altro che subire ulteriormente soprusi su soprusi senza ribellarsi o esporre le proprie ragioni”

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 Papà la storia del diluvio universale è poi vera?


Sai figliolo tutto quello che appare sui giornali va preso con le dovute cautele. Qui si è voluto incolpare il povero Noè, ingigantendo i fatti realmente accaduti al solo scopo di vendere più copie di giornali, proprio come spesso accade ancora ai nostri giorni.
Noi abbiamo sempre sentito parlare di Noè pochi sanno anche dell’esistenza di Noemi.
Questa Noemi era una graziosa e dolce fanciulla che, dopo aver pronunciato il fatidico “Si”, era diventata la moglie di Noè, la sua “dolce” compagna di vita.
Ma come spesso accade dopo pochi minuti dal pronunciamento del “ Si “ la dolcezza aveva preso a sfumarsi lasciando il posto ad un più marcato atteggiamento di contestazione.
Costantemente e perennemente in disaccordo con Noè, forse per dimostrare, a suo dire, la superiorità delle mogli sui mariti, Noemi non perdeva occasione per dire e per voler imporre il suo punto di vista, anche se a suo dire, dolcemente, con il sorriso e al solo scopo di fornire un contributo costruttivo. 
“Ah se fossi stata io a dover costruire la casa...., l’avrei fatta con il minimo indispensabile, questo permetterebbe a noi mogli di non perdersi in inutili faccende domestiche, che ne dici Noè, no e, d'altronde uno che si chiama “ No è “ non poteva certo dire “ si e” .
“Ah se fossi io a coltivare la terra, pianterei solo le cose che crescono grosse e rigogliose o che si possono mangiare unicamente crude, evitando a noi mogli di dover spiattellare sui fornelli tutti i giorni, che ne dici Noè, no e, d'altronde uno che si chiama Noè non poteva certo dire si e” .
“Ah se fossi stata io a decidere e scegliere dove abitare, avrei scelto di certo la città e non la campagna. In città ci si vede, ci si incontra, si parla del più e del meno tutto il giorno,si va in discoteca,o a fare shopping, qui mi tocca parlare con le mucche o con le capre, o con tutti quei tuoi strani animali, che ne dici Noè, si va in città, no e, d'altronde uno che si chiama Noè non poteva certo dire si e” .
 Il povero Noè come il suo avo Adamo era mite, buono essendo stato creato direttamente dal buon Dio con materie prime e non con derivati,  non propenso alle discussioni e ai litigi. Anche se Noemi poteva sembrare un po’ “pesante”, Noè ne era fortemente innamorato e trovandola tanto caruccia, le perdonava ogni cosa. Quando ogni sera rincasava, restava ore ed ore, dopo essersi messo i tappi di cera nelle orecchie, ad ammirarla mentre lei parlava, parlava,parlava e parlava.
Noè di lavoro faceva il vivaista e l’allevatore di bestiame, allevava tutte le razze di animali che ogni tanto vendeva a qualcuno per ripopolare le varie zone della terra allora conosciuta e le piante per i più svariati usi e motivi.  
Per cui aveva oltre che ogni specie di piante: mucche, somari, capre, cammelli, elefanti, giraffe, ogni specie di bestie ed armenti, oltre alle fiere e gli animali dei campi, qualche creatura dell’aria e del mare.
Ma Noè in cuor suo nascondeva un sogno mai realizzato, quello di poter portare in crociera la sua dolce Noemi; restare con lei ore ed ore, mentre lei parlava, ( naturalmente dopo essersi messo i tappi di cera nelle orecchie) ad ammirare, abbracciato a lei, tramonti e paesaggi con quel fascino che solo  da una barca ed in mezzo al mare puoi vedere, soprattutto per chi da sempre  come Noè, vive circondato da alte montagne. 
Inutile dire che il mare era lontano, le agenzie di viaggi volevano troppi soldi e che Noè, ricco di tante doti e virtù, di quelli ( i soldi ) ne era privo.
Un giorno Noè vide una cartolina con la foto di una bellissima barca che sua zia, domiciliata sulla costa, gli aveva inviato. Subito scattò qualcosa in lui che lo spinse a credere che quella barca l’avrebbe potuta costruire, lui con le sue mani, con tutto quel legno accatastato da generazioni e di cui non era mai riuscito a capire cosa farsene. Una bellissima barca che sembrava un guscio di noce gigante a due piani con una bellissima vela, un comignolo fumante ed una bandierina a pois bianchi e rossi.
Senza dire niente a Noemi, Noè si mise subito al lavoro e dai oggi, dai domani, la sua  barchetta iniziava a prendere forma.
Tutto filava liscio tranne per i continui sfottò che puntualmente Noè riceveva da chi, passando, vedeva costruire una strana barca in piena campagna, in una valle circondata da alte montagne.
Ma Noè pieno del suo sogno e certo di poter portare Noemi in crociera  rendendola felice, non badava a niente ed a nessuno, continuando a colpi d’ascia e martello, a dar forma alla sua adorata barchetta.
Quando l’ebbe finita si fece aiutare dagli animali, trasportando la barchetta sul fiume che divideva in due la valle, i quali (gli animali) di buon grado accettarono, a patto però che anche loro fossero della partita, invitati cioè alla futura crociera.
Noè orgoglioso come solo sa esserlo chi sa fare tutto da solo e incarnare dando vita al proprio sogno ( quetso è lo spirito e l'origine dell’artigiano), varò la sua barchetta che battezzo “Arca” essendo Noè di origine Toscane, i quali toscani, come tutti sappiamo, parlano “ mangiandosi” alcune consonanti.
Un giorno però successe l’irreparabile.
La barca era pronta,  Noè si era premunito degli indispensabili tappi di cera, gli animali erano saliti a bordo, bisognava convincere Noemi che stranamente, più per curiosità che per convinzione ( o forse per avere un'altra argomentazione con la quale criticare Noè ) salì a bordo senza farsi troppo pregare. 
Come furono saliti iniziò a piovere come spesso succede, e piovve, e piovve e piovve con un’intensità che il fiumiciattolo si ingrosso facendo scivolare velocemente la barca la quale, andò tenacemente ad incastrarsi nella prima ansa che trovò sulla sua rotta di navigazione.  
Intanto continuava a piovere e sembrava proprio che non volesse smettere, la barca pardon “l’Arca” incastrata nell’ansa formava un tappo sul fiume tra le sponde delle alte montagne, impedendo all’acqua di scorrere, così inevitabilmente il fiumiciattolo esondò allagando le vicine campagne.
Il giornalista locare affamato di notizie, visto che da quelle parti non succedeva mai niente, pubblicò subito un articolo a quattro colonne, senza indagare, come spesso succede anche ai nostri giorni, come fossero veramente successi i fatti. ( tale e quale a oggi in certe note redazioni pseudo veritiere nel diffondere le notizie a loro dire come sono realmente accadute )
Il suo giornale titolava in prima pagina:“A causa della pioggia si è allagata tutta la nostra  valle
Ma il vero papocchio lo commise il suo collega che abitava sulla costa e che, riportando la notizia, la interpretò a suo uso e consumo ingigantendola volutamente un pochino (sempre per vendere più copie di giornali) intitolando il suo articolo “ E’ successo il diluvio, tutta la terra allagata, salvo Noè famiglia e tutti gli animali”.
Questa si mormora sia la vera storia del nostro Noè, del diluvio e della barca o meglio, come la chiamava il nostro Noè “l’Arca” e di come siano andate veramente le vicende in merito.



Papà cosa mi racconti su Abramo e Isacco.

Ti ricordi le vicende di Caino e Abele, bene dopo quegli eventi piuttosto tristi il buon Dio decise di non partecipare più alle grigliate degli uomini nemmeno a quelle di Pasquetta, limitandosi a gradire solo il soave odore, anche se loro (gli uomini) si ostinavano a dire che quanto veniva cotto alla brace era offerto al buon Dio. ( in realtà a mangiare spiedini e costolette erano ben altri soggetti).  
Ma ritornando a noi, Abramo aveva una moglie chi si chiamava Sara.
 Sara aveva allietato la vecchiaia di Abramo con il dono di un figlio maschio, figlio a cui Abramo era attaccassimo e spesso viziava un pochino, amavano il calcio, tifavano entrambi per l’Inter ecc. ecc..
Abramo però aveva un problemino serio, soffriva di colesterolemia e per questo doveva fare attenzione a quello che mangiava, mentre Isacco, suo figlio giovane e forte, ingurgitava ogni cosa commestibile e soprattutto aveva sempre fame.
Inoltre Isacco aveva una vera passione per le rostelle di capra, che come tutti ben sanno (soprattutto gli abruzzesi), vanno cotte alla brace e mangiate appena tolte dal fuoco.
 Inutile ricordare che però per Abramo le rostelline di capra erano da considerarsi tabù e per questo Sara prese una decisione.
Convocato marito e figlio, senza tanti preamboli sentenzio, (facendo ben capire che “essendo lei in linea di discendenza con la mitica Eva non accettava rifiuti o richiesta di deroghe): “ miei cari, da oggi, in questa casa, si mangiano solo cibi vegetariani”.
Lo sconforto dei due bontemponi, che non si potevano definire buone forchette solo perché le forchette non erano ancora state inventate, fu totale.
Da quel giorno i loro pasti furono a base di: zuppe, passati, semolini e purè;  per loro patate, zucchini, carote e verdure di ogni genere soppiantarono: cosciotti bistecche, salcicce e rostelle.
Abramo e Isacco provarono di nascosto e lontano da casa a cucinarsi qualche prelibatezza, ma come spesso accade in questi casi, qualche spione ....(****) riusciva sempre ad informare Sara, che furibonda, li aspettava col mattarello sulla porta di casa.
Dopo un lungo periodo di astinenza, vinti anche in sogno dal desiderio di addentare qualche pezzetto di carne arrostita alla brace, padre e figlio decisero di fare una grigliata come Dio comanda anche se, a onore del vero, Dio non ne sapeva proprio nulla.
Recampata una scusa, più o meno credibile per Sara, sellarono l’asino e partirono alla volta delle montagne, promettendo a Sara di ritornare carichi di quell’acqua che depura, rinvigorisce l’aspetto fisico e fa sparire cellulite ed altre mille imperfezioni della pelle. 
Fatte poche miglia si fermarono e dopo aver controllato che nessuno li vedesse, aggiunsero al carico del somaro un’abbondante fascina di legna ed un vistoso pacco contenente rostelle, braciole, costolette e salsicciotti vari e con il loro carico di felicità, si diressero verso la cima della montagna più vicina.
Arrivati in cima al monte tra mille difficoltà, percorsi impervi e con la lingua di fuori per la fatica, si resero conto di essere sulla cima più alta della loro valle, più vicina al cielo, tanto che sembrava loro di toccare quasi le nuvole, sicuri perciò che non vi fossero occhi indiscreti che avrebbero in seguito riferito a Sara.
Totalmente privi di poesia, ma pieni di fame e soprattutto con un’infinita acquolina in bocca pregustando già l’abbuffata a base di costolette, rostelle e salsicciotti vari, prepararono accuratamente la brace e tutti gli armamentari vari utili alla cottura.
Abbiamo detto che erano talmente vicini al cielo da toccare quasi le nuvole e da quel cielo, sbucò il buon Dio incuriosito da quelle due persone che stranamente avevano scalato una montagna tanto alta, al solo scopo di offrire un sacrificio????
Ma siccome il buon Dio, al quale non è possibile ne mentire ne nascondere nulla, si accorse ben presto che tanto zelo e devozione erano in realtà solo gola, interrogò allora i due buontemponi sul perché di tanta fatica per mangiare qualche boccone di carne alla brace.
Avutone la risposta e memore (il buon Dio ha un’ottima memoria) dello stato in cui si trovava il povero Adamo causa il “caratterino” di Eva e saputo da Abramo che questi essere lo sposo di Sara, discendente di Eva in linea diretta, comprese tutto e chiese alla combriccola dei mangioni se potava unirsi a loro, anche perché aggiunse, è da troppo tempo che non mangio e sono costretto a saziarsi solo con soavi ed eterei odori.
Il pomeriggio passo in allegria tra canti, bevute e scorpacciate varie, pare inoltre che anche il buon Dio avesse una certa simpatia per l’Inter e quindi l’intesa fu totale.
Verso sera il buon Dio, dopo aver solennemente rassicurato Abramo e Isacco che non avrebbe fatto parola con nessuno dell’accaduto, per ricambiare la cortesia donò a padre e figlio due giare di acqua miracolosa tanto per quietare Sara .
Quest’acqua aveva un vero effetto miracoloso: ogni volta che Sara la beveva si vedeva più giovane e bella, avvertendo contemporaneamente l’irresistibile desiderio di berne ancora, e ancora e ancora.        
Abramo e Isacco per accontentare la loro cara moglie e madre, partivano ogni volta di buona lena verso la montagna e ogni volta facevano la solita bisboccia con il buon Dio il quale, per assicurarsi che la cosa non avesse fine, si preoccupò che Abramo fosse il capostipite di una numerosa discendenza, promettendo inoltre che per la materia prima ( le rostelle ) l’avrebbe fornita lui di generazione in generazione. (e qualcuno mormora che ancor oggi il rendez-vous, cioè l’appuntamento goliardico sul monte, sia rispettato )

                 Ora però papà seriamente raccontami di Mosè.

E sì, hai ragione, parlando di Mosè bisogna essere un pochino più seri, non che finora, non lo sono stato, ho semplicemente rivisto i racconti con un pizzico di libero spirito interpretativo.
Le vicissitudini di Mosè le conosci anche tu: abbandonato da piccolissimo galleggio con la sua culla fino ad incontrare la sorella del faraone, (furbino il piccolo), la quale lo adottò e lo fece diventare un principe della casa reale; scoperte le sue vere origini, cercò, con tutti i mezzi di liberare il suo popolo, portandolo nella terra promessa dal buon Dio, pare che anche lui (il giovane Mosè) avesse il pallino di diventare un leader politico e promettesse lavoro, casa e salario a più di un milione di persone giunti a destinazione.
 Ma tentiamo di restare seri e a tal proposito, siccome sono estremamente convinto che il buon Dio sia buono e che sia il Padre di tutti gli uomini verso i quali liberamente tende la sua infinità misericordia e volontà di amore, salto a piè pari tutte quelle descrizioni di castighi, punizioni e patimenti, compreso l’epilogo del mar Rosso, lasciando allo stesso buon Dio il diritto di correzione e di replica su come sia realmente successi fatti e di chi siano le responsabilità.
Tornando a Mosè viene da chiedersi come mai abbia impiegato tanto tempo per attraversare il deserto del Sinai; la spiegazione più credibile penso che sia la seguente:
 Mosè era un tipo precisino, precisino… e voleva che il suo popolo, una volta entrato in possesso della mitica terra promessa, non facesse fare al buon Dio brutte figure.
Pertanto ogni giorno insegnava loro dieci regoline, ogni giorno si rendeva conto che, o per distrazione, o perché faceva caldo, o per qualche altra scusa, molti si scordavano gli insegnamenti ricevuti.
Dai oggi e dai domani, Mosè dovette concordare con il buon Dio che “questo popolo è un popolo di dura cervice (ed il buon Dio rimarcò “come tutti gli altri popoli, chi più chi meno”) ma Mosè, ormai calato nella parte del pedagogo, voleva che almeno quelle dieci “regoline” concordate fossero ben chiare a tutti e tutti le sapessero a memoria (voleva fare e far firmare, un contratto con “ gli Italiani “, pardon  tra gli Israeliti e il buon Dio).
“Ricordatevi che se pensate solo ai soldi vivrete per i soldi soltanto, ricordatevi che per rifocillare l’anima come rifocillate il corpo, bisogna dedicare un giorno al riposo e al dialogo con il buon Dio, ricordatevi che papà e mamma vanno rispettati, ricordate che l’invidia è una brutta cosa, ricordatevi che la vita è un dono del buon Dio, ecc. ecc “.
Alla sera interrogava i dodici capiclasse ma l’esito era sempre lo stesso, Beniamino si dimenticava la terza regola, Giuda la seconda, Levi la sesta e così via a rotazione.
Intanto il tempo passava e visto che i progressi erano assenti e i mugugni sempre più presenti, il buon Dio che oltretutto si era assunto l’incarico del vettovagliamento, anche lui un po’ stufo, un po’ spazientito ebbe un’idea strabiliante.   
Convocato Mosè sul monte dove il clima era migliore, al suo interlocutore disse: “ Mosè ho pensato amico mio che, siccome molti sono distratti o con la memoria apparentemente corta, di scrivere in maniera sintetica queste benedette dieci regole su due tavole di pietra ( pare che la carta non fosse stata ancora inventata e nemmeno internet) e che questo in fondo, fosse l’unico espediente per sbloccare la situazione”.
A Mosè piacque l’idea ( anche perché era stufo anche lui di ripetere le stesse cose tutti i santi giorni ), di buon grado incise le dieci regole e scese dal monte.
A questo punto non ricordo bene cosa sia successo, ma si mormora che gli Israeliti e molti di noi come loro, ancor oggi nel guardare le tavole con le dieci regole facciano finta di non saper leggere, o di aver dimenticato gli occhiali, o di non capire bene cosa vi sia sopra scritto, dandone a loro piacere, l’interpretazione personale alle regole ed evitando così di metterle in pratica.



…e di Sansone, Daniele e Giona cosa mi dici papà.
Sai, dei litigi tra Sansone e Dalila è meglio non indagare ulteriormente applicando il famoso detto ligure “laciamoci gerbido”, l’avventura di Daniele con il leone é tramandata come è veramente successa, su Giona occorre, ad onor del vero ampliare il racconto.
Giona fu inviato dal buon Dio per richiamare a comportamenti più miti e consoni gli abitanti di Ninive troppo amanti delle discoteche e cose simili.
Questi però saputo che Giona veniva dalla campagna e non era uno di loro, lo guardarono e giudicarono con diffidenza, ignorandolo e snobbando ogni sua parola. ( sai come sono quelli di città con il nasino un po’ all’insù)  
Giona non si perse d’animo e saltato su una barca si fece portare al largo per vedere, se le bellezze del tramonto dal mare, gli potevano suggerire come meglio impostare i suoi discorsi o quali argomentazioni trattare per essere più incisivo e convincente.
Come spesso accade in mare, un’onda anomala un po’ più grossa urto lo scafo della barca ed in quel momento il caro Giona, tutto intento a pensare, perse l’equilibrio e finì in mare.
Il buon Dio dall’alto seguiva la scena, stupito da tanto zelo ed impegno profuso da Giona, ma sopratutto per non interferire troppo con gli uomini, i quali ogni volta non facevano altro che ulteriormente complicare il tutto, chiese ad una balena che passava da quelle parti di salvare il povero Giona, anche perché molti a quel tempo, e Giona non faceva eccezione, non avendo frequentato  corsi e gare di nuoto, non sapevano nuotare. 
Devi sapere che oggi le balene aprono pochissimo la bocca, giusto quel tanto per lasciare entrare il plancton, perché altrimenti insieme al plancton entrerebbero tutte quelle schifezze di cui l’uomo ha sovrappopolato il mare, ma allora l’acqua era pulita, la balena spalancando la bocca ingurgitò Giona e con lui molti pesci.
Giona si trovò di colpo in una caverna (la pancia della balena) con un fracco di pesci saltellanti e siccome non aveva ancora cenato, non si fece scappare l’occasione di farsi un buon pasto a base di pesce per di più freschissimo.
La cena le piacque tanto, ( abbiamo detto che Giona era uno di campagna, a quei tempi costoro raramente mangiavano il pesce ed il pesce fresco ) allora Giona decise di prolungare il suo soggiorno nella pancia della balena allietandosi con spuntini a base di zuppe e fritture di pesce.
Ma la balena sentiva come una specie di peso sullo stomaco e inoltre, non gradiva quello strano fumo che continuamente le usciva dalla bocca provocandogli starnuti e tosse, ( proprio lei che non aveva mai ceduto al vizio della sigaretta), così il terzo giorno decise di liberarsi del suo ospite con un forte e sonoro starnuto, starnuto udito sino a Ninive. 
La violenza con la quale starnutì, ( ed il buon Dio che corresse la rotta ) fece in modo che Giona venisse lanciato proprio su Ninive dove, Giona sazio e con le idee ben chiare, riprese la sua predicazione con un ottimo risultato, grazie anche all’entrata, in Ninive, altamente ad effetto spettacolare.


Papà ma chi erano i Profeti

Sono convinto che fossero persone assolutamente normali come noi, con un solo punto in più e quel punto li rendeva speciali e capaci di sentire molto meglio di tutti noi.
 Non è che avessero un udito molto sviluppato o che sentissero onde, suoni o vibrazioni che noi non sentiamo.
La loro capacità stava nel sentire la voce del buon Dio il quale, a differenza degli uomini, parla sempre molto piano, come una brezza leggera e quindi per sentirlo necessita avere quella capacità che ha solo chi, nel silenzio, sa ascoltare la voce del cuore. 
Era gente comune, alcuni di loro erano pastori, altri agricoltori, altri svolgevano mestieri oggi sconosciuti, altri si dedicavano alla cura del Tempio, ma tutti avevano quella strana dote che molti di noi, pur avendola, non sanno utilizzare perché il rumore della quotidianità non lascia che il silenzio possa parlare.
Elia fu un grande profeta che svolse la propria missione sotto il re Acab.
Risuscitò il figlio della vedova di Serepta che lo ospitava durante una carestia, sfidò e vinse i profeti del dio Baal sul monte Carmelo, dimostrò la potenza di Dio accendendo con la preghiera una pira di legna verde e bagnata; chiamò a seguirlo Eliseo ed ad essere il suo successore; infine venne rapito in cielo con «un carro di fuoco e cavalli di fuoco».
Ma fra tutti, uno in modo particolare mi ha sempre affascinato, é il profeta Isaia.  
Di lui come persona conosciamo molto poco, ma tra i molti profeti è quello che ha potuto preannunciare la venuta del Messia cioè di Gesù, di quel Salvatore che sarebbe nato tra noi qui sulla terra e tra i profeti, é quello che maggiormente ha annunciato la speranza e la salvezza del buon Dio all’umanità intera.  
Vedi come si fa presto a diventare troppo seri per poter rispondere seriamente alle domande dei bambini?
Per questo voglio parlarti di un profeta che pochissimi conoscono ma che ha avuto il suo peso e la sua importanza.
Beniamino da tutti conosciuto con il soprannome di “Lèli “, viveva in una valle tra alte montagne, un fiumiciattolo che la divideva in due proprio come la valle di Noè, o forse era proprio la stessa valle.
Ogni giorno portava al pascolo le pecore e mentre loro brucavano l‘erba, Lèli si riparava sotto il suo albero preferito e lì pregava ed ascoltava il buon Dio che parlava al suo cuore.
Un giorno Lèli decise di andare in città dove aveva saputo che i rabbini avevano aperto una scuola per aspiranti profeti.
Anche lui sognava di ricalcare le orme dei grandi profeti di cui aveva sentito parlare, anche lui voleva annunciare agli uomini che il buon Dio è veramente il Padre di tutte le creature e che a tutte le creature, nessuna esclusa, vuole molto bene.
Si presentò alla scuola e subito venne esaminato dal responsabile per gli apprendisti profeti.
Il nostro Lèli aveva un piccolo difetto, era un pochino ba – ba – balbuziente ed appena il professore gli chiese come si chiamasse e balbettando ricevette la risposta, sentenziò che l’allievo Beniamino avrebbe fatto meglio a cambiare idea ed orientarsi altrove “ …..come puoi pensare di parlare alla gente di Dio, prima che tu possa fare un discorso, qui facciamo notte “.
Lèli rimase molto male per l’accoglienza ricevuta e asciugandosi le lacrime che tentava di trattenere fece ritorno alla sua valle.
Il giorno seguente mente sotto il solito albero sentiva la voce del buon Dio nel suo cuore, cercò dal buon Dio una spiegazione “ buon Dio come posso fare ad annunciare quello che sento nel mio cuore se riesco a mala pena a parlare, se per dire poche parole impiego tanto tempo che chi mi sta ad ascoltare finisce quasi sempre per pensare ad altre cose”. Il buon Dio, che come abbiamo già detto in altri racconti è veramente buono, sedutosi vicino a Lèli disse: “ non importa Beniamino quello che riesci a fare ( il buon Dio non usa mai i soprannomi, ma chiama ognuno con il suo nome ), l’importante e come lo fai”.
Vedendo però che il piccolo Lèli non si dava pace riprese “ ogni volta che tu vuoi parlare per annunciare quello che senti nel tuo cuore prova a farlo cantando “.
Lèli sapeva che il Buon Dio non dava consigli a vanvera e volle subito provare l’espediente iniziando a trasmettere quello che il suo cuore le suggeriva cantando.  
Dalla sua bocca uscì un canto bello quanto melodioso, tanto che tutti nella valle vollero capire da dove provenisse una simile melodia.
li cantava le lodi al buon Dio e quello che il buon Dio gli suggeriva nel suo cuore; così che persone e animali restavano letteralmente a bocca aperta per tanta grazia unita a tanto fervore.
Anche il lupo che ogni giorno insidiava le greggi nella speranza di rimediare un pranzetto succulento sentì il canto di Lèli ed anche lui, come tutti, si sentì avvolto e trasportato da tanto amore, al punto che, per la prima volta nella sua vita, senti una lacrima bagnargli il volto.
Attratto da questa melodia e dalla bellezza del suo contenuto si avvicino a Lèli facendosi largo tra le greggi, giunto vicino ai piedi del cantore rimase per tutto il tempo a piangere ed ad ascoltarlo.
Quando Lèli smise di cantare il lupo si alzò e sorprese tutti con il suo annuncio “amici, da oggi solennemente prometto che diventerò vegetariano, nessuno dovrà più avere paura di me, dei miei denti o dei miei artigli.”
E così fu veramente, tanto che pare, che il grande Isaia si sia ispirato proprio alla valle del piccolo profeta canterino scrivendo nella sua descrizione di cieli nuovi e terra nuova “ Il lupo dimorerà con l’agnello ……… “
questa è la storia di Beniamino detto Lèli piccolo grande profeta.






Non avendo più bambini a cui raccontare queste mie fantasie, dedico queste poche righe a tutti quegl’ adulti che sono rimasti bambini dentro e che vivono con un pizzico di scanzonata e sana allegria la propria vita ed il loro rapporto con il buon Dio.  



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