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giovedì 21 luglio 2011

La libertà del mondo, la libertà del nostro credere, la libertà di vivere la fede, la libertà in Cristo.

  

   La libertà del mondo, la libertà del nostro credere, la libertà di vivere la fede, la libertà in Cristo.

Dobbiamo prendere atto che fino a qualche tempo fa, malgrado tutto, nel sentire comune erano presenti alcuni riferimenti di confronto costituiti da un complesso di norme istituzionali, valori etici, morali e religiosi da tutti accettate e ritenute imprescindibili; tradizioni, consuetudini, valori su cui la gente si misurava, a prescindere dall’opzione specifica di fede o di pratica  religiosa, a prescindere dell’appartenenza politica o socio culturale. 
   Esistevano limiti riconosciuti invalicabili da tutti e da tutti accettati riferiti all’azione umana e alle culture, stabiliti dai grandi fatti biologici, naturali, etici, limiti entro i quali tutti si doveva vivere, operare e misurarsi.
   Il fatto tipico e assolutamente nuovo di quest’ultimo periodo della nostra epoca, è che l’uomo di oggi ha la certezza che quasi tutto gli è possibile o gli sarà reso possibile, sia sul piano dei riconoscimenti della dignità specifica e dei diritti, sia sul piano tecnico-scientifico.
- Diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della società umana: diritto alla libertà individuale, diritto alla vita, diritto all'autodeterminazione, diritto al cibo ed al sostentamento, diritto ad un'esistenza dignitosa, diritto alla libertà religiosa, diritto ad un giusto processo, diritto all’istruzione; diritti posti alla base e costituenti dei principini fondamentali quali libertà, giustizia, dignità della persona.
- I progressi scientifici hanno reso tecnicamente possibile nuovi orizzonti, realizzando quanto sino a ieri insperato, si ha la certezza che i limiti sono o saranno a breve termine comunque superati e che ciò oggi è ritenuto impossibile, presto sarà reso possibile.

   Di conseguenza, il fatto nuovo della storia umana è che mai come oggi si è accresciuto a dismisura il senso della libertà: libertà dai condizionamenti naturali e biologici, libertà dalle leggi e dalle consuetudini, libertà dai vincoli della natura e del tempo, libertà da Dio, dalle sue leggi, precetti e istituzioni. Mai l’uomo ha avuto tanta libertà, mai è stato più emancipato e disancorato da forme di riferimento che parevano ovvie, obbliganti, scontate, evidenti, invalicabili. Le norme, le regole, le tradizioni, le convenzioni di riferimento appaiono un valore relativo, non più un dato assoluto che non si tocca; esse valgono nella misura in cui, personalizzate, sono contrattabili in virtù di un utile, di un fine, del proprio sentire e piacere.              
  L’uomo comune avverte che sarà sempre più emancipato dal ritmo del giorno e della notte, dai ritmi e dai limiti dello spazio, grazie ai traguardi raggiunti dalle tecnologie, alle forme di trasporto velocissimo, all’immediatezza delle comunicazioni. L’uomo comune avverte ed è convinto che la scienza possa proporre ogni giorno la fattiva possibilità di superare, manipolare  a proprio uso e piacere, le stesse leggi della genetica, della procreazione naturale, dell’eredità biologica. La maggioranza dell’umanità è indotta a credere che potrà, in un avvenire prossimo futuro, controllare, fare ed ottenere tutto ciò che vuole: sulla natura, sui modi di essere, sulla qualità e durata della vita umana. Queste certezze sono alimentate grazie ai progressi, solo per citarne alcune, delle cellule staminali, della clonazione, della chirurgia estetica, capace quest’ultima di annientare il passare del tempo, di rimodellare difetti ed esaltare l’aspetto secondo i propri canoni e gusti estetici. Queste continue conquiste, dall’uomo moderno, sono sperate, avvertite e vissute come i nuovi orizzonti del possibile; medicina, tecnica e meccanica sono viste e percepite come la realizzazione del fantascientifico che diventa possibile e realizzabile, si è sempre più convinti che grazie a queste scienze, nel prossimo futuro, i traguardi raggiunti saranno la realtà concreta, realizzabile e tangibile di una nuova era priva di limiti per il genere umano, privi del dolore e della morte, privi di un sentire religioso retaggio del passato.
  Tutto è negoziabile e opinabile, tutto può essere scelto, tutto cade sotto l’interpretazione del soggettivo; sul mercato del denaro è possibile comprare di tutto, tutto diventa mercanzia e oggetto di scambio, sono in vendita anche la legalità, la dignità, la vita altrui, spingendosi in casi sempre meno estremi, al tentativo di giustificare con motivazioni deliranti traffici ignobili come quelli degli organi di bambini provenienti da paesi del terzo e quarto mondo, la cui sola colpa è la povertà e l’ignoranza cronica dell’ambiente in cui vivono loro e le loro famiglie.
Regole e canoni della “Finanza mondiale” diventano la legge fondante, lo scopo e la ragione su cui ci si deve orientare, sulla quale si modella il proprio agire e pensare, regole ed esigenze che nell’essere attuate sconvolgono, condizionano, plasmano nel bene e nel male il destino di interi stati, dell’intera umanità.
  A questa mentalità non sfugge nemmeno il concetto di sacro. La divinità che ad esso è legata è recepita in maniera personalizzata, adattata alle proprie esigenze, svilita al proprio credo e sentire, a forme interpretative spesso poste ai limiti della contraddizione e del folcloristico. Concetto di sacro che insindacabilmente confina entro certi limiti la nostra personale visione interpretativa, (un conto è Dio un’altra cosa sono gli affari), ne consegue una divinità appiattita alla nostra “immagine di Dio” (credo sì, ma non nella Chiesa e nel Dio che essa propone, credo sì, ma ho una mia visione della fede e di cosa si debba intendere per Dio). 
Taluni hanno consolidato la convinzione che anche la divinità ha dovuto cedere il passo e svanire nella concretezza inarrestabile e incontrovertibile delle scienze e del trionfo del “super io”. Anche il trascendente deve manifestarsi nelle forme della privata e soggettiva interpretazione dei filtri e canoni del comune e personale sentire ed agire e non a quanto proposto e da sempre insegnato dal Magistero della Chiesa. A questi modelli interpretativi devono adeguarsi tutti, anche i vertici della Chiesa, vertici che dovrebbero modificare ed aggiornare insegnamenti e fede alla luce non del credo da sempre proposto, ma ad un’incalzante e sempre più sentita esigenza di modernità, più realistica, più facilmente proponibile e percorribile, più gradita e compiacente ai più.  
  I dettami scaturiti della propria fede personalizzata sono sempre giustificati e secondari alle ragioni ed alle esigenze del momento, ne consegue che le ragioni dello spirito sono “secondarie” alle esigenze “primarie” materiali della persona, esse si devono adeguare o soccombere; il tangibile diviene la vera esigenza cui si deve far fronte, a cui si devono orientare ed investire i propri sforzi e le proprie capacità morali ed intellettive, “ognuno diviene giudice ed arbitro di se stesso e del proprio agire”, il senso e l’entità del peccato cadono sotto “la tua libera, personale ed insindacabile interpretazione”. In quest’ottica la divinità e il prossimo si configurano come destinatari di ciò che ti avanza; Dio è confinato nei limiti e negli spazi che noi gli concediamo. La vecchiaia, le malattie, il decadimento fisico, gli handicap psichici e fisici, sono classificati nella lista delle limitazioni alla libertà, all’efficientismo, al perfezionismo, allo stereotipo dell’uomo moderno, il quale deve essere sempre bello, snello, aitante, ricco, sempre giovane, vincente su tutto ed a qualunque costo. La logica del possesso porta ad una cultura dell’individualismo, dell’accaparramento ed all’egoismo sopra ogni valore e cosa, il possesso del denaro e la sua capitalizzazione impongono il primato dell’avere su quello dell’essere. Non vali per ciò che sei, ma per ciò che hai e per ciò che possedendo puoi ostentare. Tutto questo però si scontra, stride e spesso non coincide con una quotidianità fatta di una realtà spesso all’opposto delle proprie aspettative, generando così ansie ed illusioni che sfociano in una frenetica e logorante ricerca tesa a rendere possibile l’impossibile, al voler realizzare ciò che resterà solo una chimera vissuta da pochi anche se proposta a molti.
   Nella sfera della religiosità, è sempre più diffuso il comune sentire che ritiene che credo e valori religiosi siano da rilegarsi nelle limitazioni del passato, classificandoli come fonte ed ostacoli al libero pensiero, limitazioni alla propria crescita; pertanto l’uomo moderno deve liberarsi da retaggi e credenze che prima o poi saranno smentite dal progresso e dalla concretezza della conoscenza scientifica. Si rimuovono i crocifissi simboli muti ed ingombranti di un credo di cui spesso ci si vergogna, o di cui si è perso le ragioni; il tutto in nome di un’integrazione che è e appare più come negazione reciproca che dei valori delle proprie origini e tradizioni, che dell’incapacità di pacatamente motivare le proprie idee e la propria cultura, della cecità di riconoscere nel diverso il completamento, l’arricchimento e non la contrapposizione o impoverimento di ciò che tu sei o di ciò che lui è.      
  Si riafferma il concetto che l’uomo è stato il vero creatore della divinità, per esigenze legate a particolari momenti, culture e vicissitudini storiche, a movimenti di pensiero, ad una diffusa ignoranza; si arriva nuovamente ad affermare che Dio è stato creato dall’uomo “ forte e scaltro” per sottomettere l’uomo “ mite e ingenuo” (la religione classificata l’oppio dei popoli elargito dai potenti per i loro interessi e per sottomettere le masse ingenue ed ignoranti).
 Si afferma che la cosiddetta fede religiosa è una realtà che non ha retto quando sottoposta alla prova storica e scientifica, o al progressivo evolversi del pensare del tempo presente, pertanto ha esaurito il suo scopo, smentita e confinata alla stregua della cartomanzia, degli oroscopi, delle pratiche esoteriche, figli anche quest’ultime di un retaggio duro a morire, di ignoranza e pseudo-culture del passato.
 Altrimenti (l’esigenza religiosa ) viene vista come una realtà temporanea che finisce per investire quasi solamente i ragazzi o gli anziani: i primi per festeggiare eventi sempre più mondani e fine a se stessi come prime comunioni, cresime e matrimoni, i secondi per esorcizzare la vecchiaia, l’incalzare del tempo, i malanni fisici, la morte e con essa l’incognita della realtà di ciò che ci attende al termine di questa esistenza biologica.   
 Dobbiamo però prendere atto che la stessa libertà vista, concepita dall’uomo dell’età presente, da quest’ultimo fortemente personificata, strenuamente pretesa e difesa al proprio vivere, sentire e valutare, non è mai stata tanto facilmente manipolabile.
  I grandi strumenti del consenso sociale l’addormentano ( la libertà ), o la guidano mediante la tecnica applicata al controllo della vita di persone, mediante i mezzi informatici che permettono di seguire la gente in tutti gli atti più semplici anche dell’ambito e nella sfera dell’intimo, del privato. I mass-media sempre più assumono e sono riconosciuti come idonei ad essere ed incarnare il ruolo del sentire e di “giusta coscienza e giudizio di massa”. Tale controllo (che essi sono in grado di esercitare capillarmente) ci fa comprendere che la libertà a cui l’uomo è assunto non è mai stata così grande e insieme così fragile. Con questo crescere tumultuoso del senso prepotente della libertà e del lecito che affascina non solo i ragazzi, i giovani, la gente semplice, dei paesi e dei luoghi più remoti, ma tutti noi attraverso i messaggi che giungono dai mass media, messaggi sempre più tesi a spiegare e convincere alle ragioni di quanto viene da loro proposto, che la verità e la conoscenza in tutti i settori è solamente quella di cui loro, ( i mass media) sono portatori.  
  Ma il luogo dove le tensioni della libertà e soprattutto, l’uscita dalle convenzioni si concentrano, è la famiglia.
  L’identità della coppia nel matrimonio, la famiglia nella sua costituzione, nella sua durata, nella sua fecondità, nella sua missione viene invasa dall’opinabilità generale che non la ritiene soggetta a regole e norme da noi considerate proprie della famiglia tradizionale. Il concetto stesso di famiglia è stravolto ed applicato a forme di unione particolari, improprie al suo naturale significato e scopo costitutivo. L’essere una sola carne nell’amarsi, nel rispettarsi sia nella buona che nella cattiva sorte, sembra confinarsi ed esaurirsi alla formula del rito, o nel periodo di breve termine che segue. La capacità e la volontà di superare con il reciproco impegno e coadiuvati dalla “grazia sacramentale” della propria unione, gli inevitabili ostacoli, le possibili incomprensioni, le difficoltà di ogni ordine e grado compreso quello economico, sono ben lontane dalla realtà che impone il primato e le esigenze dell’io su quelle del noi, dell’avere su quelle dell’essere, del donare su quella del pretendere, del condividere su quella del possedere: in quest’ottica l’amare significa solo compiacere soddisfando solamente se stessi.
   Anche la figura dei “nonni” non è indenne a questi mutamenti, a volte essa si svilisce perdendo la sua naturale ricchezza di esperienza del vissuto, di realtà ed esperienza storica famigliare; sempre più si impone come figura di collaboratori economici a supporto del / al bilancio famigliare, bilancio che comunque deve comprendere scelte divenute “primarie” come il lavoro di entrambi i coniugi per permettere le molteplici attività sportive, ricreative, comportamentali ed estetiche; sempre più il nucleo famigliare finisce per riscoprirsi come “estranei nella propria casa” perché uniti solo nei ritagli concessi dal lavoro, dallo sport, dallo svago, dalla televisione, da internet. In un’ era che si caratterizza sempre più per la facilità delle comunicazioni il “mutismo” tra le mura domestiche, la mancanza di argomentazioni, la mancanza di tempo e di dialogo da dedicarsi reciprocamente, sono sempre più realtà del momento.
- Questa situazione è vissuta da molti di noi con atteggiamenti molto diversi.
- Il primo è un atteggiamento sconsolato: stiamo andando verso la catastrofe, l’uomo non ha più regole. Soprattutto gli anziani manifestano un profondo disagio, un senso quasi di paura e di rabbia, una voglia di reagire oppure di nascondere la testa, rifugiandosi nel passato, molti temono che si arrivi inevitabilmente al peggio e non sanno come bloccare il male crescente e inarrestabilmente dilagante.
 - Il secondo è l’atteggiamento di chi pensa di essere ancora in tempo a rimediare: urge però ribadire con fermezza e intransigenza le regole del vivere, rivalutarle, dal momento che la gente sbanda perché non le conosce; urge ribadire e richiamare continuamente la perduta integrità etica e morale, urge riesumare spettri e spauracchi di ogni genere, urge sostituirsi ed agire supplendo l’altrui capire, volere e decidere; spesso lo sforzo si concentra nel sottolineare in maniera catastrofica pericoli crescenti e innegabili. Un comune modo di reagire, a questo secondo atteggiamento è quando pretendiamo di aiutare la gente inculcando in essi che occorrono regole ferree, che l’arbitrarietà selvaggia induce allo sfacelo della vita, ad evasioni di ogni tipo, alle più pericolose perversioni d’ immoralità etiche e sessuali, sino all’autodistruzione, anche all’omicidio, al suicidio, al dilagare delle droghe e del male.  Per contro passiamo all’assoluto lassismo ed indifferenza, ad una coscienza " rilassata " in nome della quale si giudica di poco conto e quindi permesso, veniale, ciò che invece è grave, ciò che è proibito, senza regole, senza freni o inibizioni di ogni tipo; tutto è e deve essere permesso e lecito in virtù dell’imperare del disinteresse assoluto di ciò che non ti riguarda o ti coinvolge direttamente in prima persona, tutto è sottoposto ad un atteggiamento di una” progredita apertura mentale”, tutto cade sotto un apparente “buonismo” del vivere e lasciar vivere, non esiste più la “conoscenza” del peccato come colpa volontariamente commessa.
In entrambi i casi la libertà è percepita non come presa responsabile del proprio essere ed agire nel rapportarsi con se stesso e con l’altro, ma come fonte inarrestabile di catastrofi progressive, tanto da parlare di eccesso di libertà, abuso da arginarsi con una “libertà misurata, pilotata”, addomesticata, concessa si, ma con limiti ed in dosi ben precise, concessa da “nuovi ed autoritari paladini” che ne sapranno misurare e valutare natura, dosi ed effetti. 
 - Un terzo atteggiamento (che dovrebbe distinguere ogni singolo credente e porsi nel propositivo/positivo) è caratterizzato dalla ricerca del momento opportuno del tempo di Dio, dell’opportunità evangelica offerta dalla situazione globale odierna. Questo atteggiamento parte dall’intuizione che mai come oggi c’è stata così ampia possibilità di capire il senso del messaggio evangelico, di cogliere che la libertà nell’uomo è imitazione di Dio, il quale (Dio) liberamente ha scelto di amare la sua creatura, capire la libertà come dono di Dio, il quale ci ha creati liberi e che, attraverso una libertà tesa alla responsabilità, l’uomo può ed è capace di superare i pericoli di un arbitrio sfrenato, non con il ritorno al passato e la ripresa dei limiti naturali e tradizionali, non con più o meno dosate limitazioni o privazioni, ma radicati nell’oggi con tutte le sue reali innovazioni, riscoprendo la vocazione del vero senso dell’essere figli di Dio, vivificati e resi diversi dallo Spirito, liberi e chiamati alla pienezza per libera e consapevole scelta proprio mediante la presa di coscienza di tale libertà in Cristo, con Cristo e per Cristo a gloria e immagine della Trinità.  
  L’atteggiamento da riscoprire è l’atteggiamento di chi nella libertà sa riscoprire ed imitare il rapporto sponsale del vero amore di Dio (con il singolo e con l’umanità); rapporto e atteggiamento di continua chiamata ad un’unione ed una libera scelta nella fedeltà, chiamata di Dio che lascia sempre liberi di aderire o rifiutare, di essere fedele o di non esserlo, chiamata di Dio che ogni volta invita con nuove proposte, ogni volta con inviti dimentichi delle precedenti infedeltà, ogni volta riproponendosi con un maggiore e rinnovato slancio e fervore.   
   Noi dovremmo imparare a vivere ed esprimere la libertà con quell’Amore vero che solo in Cristo ti rende capace di sperimentare “l’Amore” che primariamente si dona, che tutto crede, tutto scusa, tutto sopporta; quell’Amore che sempre ricerca ed antepone il bene dell’altro, che edifica sempre e non demolisce mai, che ti rende veramente libero perché sei tu che liberamente impari e decidi di Amare. 
San Paolo viveva e proclamava certamente questo terzo atteggiamento.“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi, state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.” Gal. 5,1
  Per lui (Paolo), se l’uomo vuole vivere nella libertà, deve convertirsi al Signore, cioè a Gesù il Risorto, per lui (Paolo) la libertà è solo Cristo; chi riconosce che Gesù è il Signore entra nello spazio della libertà cristiana, che ha la sua fonte interiore nel dono dello Spirito, tanto da rimproverare ai Galati 3Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne?” La libertà è primariamente e gratuitamente un dono di Dio, realizzato da Gesù Cristo, divenuto con la risurrezione Spirito datore di vita (1Cor 15,45). Questa libertà non viene da noi, dalle nostre opere; non è un diritto o la capacità di disporre di sé senza alcun condizionamento. La libertà è e resta l’appartenenza a Cristo; l’uomo che aderisce a Gesù il Risorto, viene liberato dal peccato, dalla morte e dalla legge, libero nel senso vero della libertà.


                                                                                                                                          m.z.

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